La salute è un equilibrio faticoso

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creato: 24 maggio 2010

TAGS: salute mentale assistenza

La salute è un equilibrio faticoso, che non si costruisce da soli ma che richiede la presenza di altre persone. È per questo che la dimensione gruppale, nella vita di ognuno, diventa fondamentale. E proprio all’importanza del gruppo nell’ambito della salute mentale è dedicato l’ultimo libro di Franco Fasolo, psichiatra che ha dedicato a queste tematiche trent’anni di impegno e ricerca. Il volume “Gruppoanalisi e salute mentale” (Cleup, Padova, 2009) sarà presentato mercoledì 26 maggio a Padova nella Libreria Gregoriana (via Roma 37), alle ore 17.30. Per l’occasione il professor Sergio Fava, psichiatra e psicoterapeuta, terrà una conversazione con il pubblico sui temi affrontati dal libro. Ingresso e partecipazione sono liberi.
Come spiega il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato, in una recensione del libro pubblicata nell’ultimo numero della rivista «Studi Zancan», “il gruppo è condizione biologica, prima ancora che relazionale e affettiva. È ambiente vitale per curare e prendersi cura. È ambiente generativo di responsabilità e responsabilizzazione”. Di seguito si riporta il testo integrale della recensione.

La salute sotto vuoto relazionale non è possibile. È astrazione priva di realtà. Franco Fasolo ci guida dandoci in mano questo filo di Arianna dentro trent’anni di psichiatria e salute mentale nel nostro paese. È una «commedia» da vivere con curiosità e ironia per non venire travolti dal peso dei problemi rimasti da affrontare. È come ripercorrere i gironi di una storia di idee e di contraddizioni, dove convinzioni granitiche hanno provocato collisioni e collusioni. Franco Virgilio ci chiede di non giudicare ma di ripensare, in scienza e coscienza, per recuperare il senso del curare e del prendersi cura.
La «figura» nel libro è «commedia», lo «sfondo» è la «scienza con poca coscienza» in dialogo, con disincanto, per affrontare questioni poco usuali: psichico e mentale, biologico e sociale, personale e gruppale. Non è un viaggio facile. Non potrebbe essere diversamente, per le perduranti difficoltà teoriche, epistemologiche, etiche e anche economiche. L’intreccio degli interessi fa la differenza, ma per non fare. La salute è infatti equilibrio faticoso, da costruire con la persona e le persone. Per questo il gruppo è condizione biologica, prima ancora che relazionale e affettiva. È ambiente vitale per curare e prendersi cura. È ambiente generativo di responsabilità e responsabilizzazione. Non quindi, come si potrebbe pensare, preferenza, opzione metodologica. Si finirebbe per pensare ad un’altra scuola, invece che ai «fondamentali» per la salute mentale. Sentiamolo direttamente:
«Qualche lettore potrebbe pensare ad una forma fuori luogo di pubblicità, che nella nostra cultura dominante accademico-centrica risulta accettabile invece solo per una ‘merce’ già-sempre venduta a priori in quanto prodotta dall'Università; ma con questa modalità argomentativa vogliamo invece solo segnalare vistosamente, mettendolo apertamente e discutibilmente in gioco, un aspetto cruciale del fondamento che sostiene a nostro avviso le cinque competenze in gioco nella relazione di cura: la consistenza della posizione di chi si assume la responsabilità della relazione di cura. Dubitiamo molto che qualsiasi relazione di cura abbia qualsiasi effetto personalizzante in assenza di una perspicua chiarezza e di una aperta consapevolezza riguardo a chi è e dove sta il ‘prestatore d’opera’ che è il curante; solo a chi è chiaro chi era, e dove stava il curante, il curato ben curato potrà poi eventualmente restituire l’opera che lo stesso gli aveva ‘prestato’ nella relazione di cura. La consistenza della posizione fa parte del nodo della responsabilità personale del prestatore di cura.
La responsabilità è in primo luogo una attenta capacità di risposta, come quella che qualsiasi mamma sufficientemente buona garantisce al suo infante, ma è anche esattamente come quella che qualsiasi papà sufficientemente buono garantisce al suo bambino più grandicello, e così via fino a quella stessa attenta capacità di risposta che qualsiasi lettore-modello garantisce al ‘suo’, al nostro, testo.
La responsabilità è in secondo luogo (con riferimento all'etimo stesso della parola) la capacità di fare da sponda nell'incontro personale con l'Altro, una sponda che orienti il flusso della relazione in corso, che non si lasci troppo facilmente sfondare, e che in questi due modi offra quei limiti e quelle definizioni di senso che sono necessarie per la crescita delle persone, dei loro gruppi, delle loro istituzioni, e delle loro comunità.
La responsabilità è in terzo luogo - un luogo coestensivo ai primi due ma ad essi doverosamente solo conseguente - la capacità di rispondere infine alla collettività, in tutte le sue declinazioni quali variamente ci costituiscono nella nostra individualità (come famiglia, come gruppo di pari, come rete sociale, come istituzione, come comunità locale, come Stato), di ciò che noi personalmente abbiamo fatto nella relazione di cura: veniamo anzi richiesti dalle nostre collettività, a cui apparteniamo più o meno autonomamente, di rispondere degli effetti di ciò che abbiamo o non abbiamo fatto rispetto alle leggi, alle normative, alle usanze, alle tradizioni, ai codici, alle regole dei diversi rispettivi gruppi più o meno pressantemente presenti e più o meno visibili nella loro presenza».
Non è facile, scorrendo i capitoli, pensare di uscire a veder le stelle, in un firmamento stabile, come poteva succedere in epoche passate e anche oggi. La gruppoanalisi è microcosmo del curare, del prendersi cura, ambiente rassicurante in cui far incontrare responsabilità disperse, incapaci di dialogo. Non vale solo per le persone malate, vale anche per la psichiatria che «senza salute mentale», si ammala di autoreferenzialità culturale e scientifica.
Il testo ripercorre pensieri e percorsi di sofferenza dove curare, prendersi cura fanno la differenza.
Con la grammatica e la sintassi di Franco Fasolo si potrebbe anzi dire che una «im-presa, im-possibile» ha un im…che toglie il fiato, lascia sospesi alle difficoltà, alle barriere (professionali, istituzionali, culturali...), ma cercando ostinatamente una «presa-possibile».

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