Una chiave di lettura inedita dell’immigrazione su cui si confronta fino a sabato un gruppo di esperti
La cultura come antidoto all’intolleranza e alla paura dell’altro e come strumento per promuovere il dialogo interetnico: è questa la chiave di lettura “anticonvenzionale” del fenomeno migratorio al centro del confronto tra alcuni esperti riuniti a Malosco, sede estiva della Fondazione “E. Zancan” di Padova, in Trentino.
Il principale obiettivo del seminario di ricerca a invito «Accesso all’offerta culturale da parte delle persone immigrate», organizzato in collaborazione con la Fondazione Migrantes (fino a sabato 10 luglio), è di capire se e in che misura le persone immigrate contribuiscono all’offerta culturale e in quali termini hanno possibilità di accedere a essa. Un secondo aspetto al centro dell’attenzione del gruppo di lavoro è la comprensione di quali sono i bisogni e i diritti culturali dei cittadini stranieri e di come vengono soddisfatti dai soggetti che concorrono all’offerta culturale nel territorio.
“L’immigrazione è tuttora guardata come emergenza sociale, come problema di ordine pubblico, come questione da controllare e reprimere – commenta il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato –. In questo contesto, sempre più spesso ci si dimentica che la popolazione italiana è costituita da una percentuale considerevole di immigrati, di famiglie miste, di bambini e ragazzi nati nel nostro paese da genitori stranieri. Tutte queste persone vivono nelle comunità locali, contribuiscono con il loro lavoro alla solidarietà fiscale e sono, come tutti, consumatori di beni e servizi. Se si guarda alla società italiana da questo punto di vista, risulta evidente l’urgenza di uscire dall’ossessione dell’emergenza. Nostra convinzione è che anche i consumi culturali possano contribuire ad andare in questa direzione, grazie alla forza che hanno di promuovere dialogo, confronto, integrazione”.
Nell’Italia di oggi, tuttavia, tra le tante barriere cui si trovano davanti gli immigrati c’è anche quella dell’accesso all’offerta culturale: “Riconoscere queste barriere è importante, anche perché consente di mettere a disposizione di operatori culturali, amministratori e attori sociali un bilancio delle capacità di inclusione/esclusione espresse da un territorio, a partire dalla sua capacità di accogliere e valorizzare le radici e le proposte di ogni cultura” aggiunge Paolo De Stefani, ricercatore di diritto internazionale del Centro interdipartimentale ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova e componente del comitato scientifico della Fondazione Zancan, che coordina il seminario insieme a Giancarlo Perego, direttore generale Fondazione Migrantes di Roma. Secondo la Fondazione Zancan, per abbattere le barriere e promuovere il dialogo servono azioni mirate: un buon esempio sono i 700 centri pastorali etnici, dove spesso sono promosse iniziative culturali ed etniche, spettacoli e musica.