Giovani: condannati a vivere da nonautosufficienti?

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creato: 10 gennaio 2011

TAGS: giovani non autosufficienza poverta

Dal 2010 l’Italia eredita una situazione sociale in affanno, con la povertà che sembra ancora impossibile da sconfiggere e nuove fasce della popolazione in condizioni di difficoltà, che non vogliono più stare in silenzio. È per questo che dalla Fondazione “E. Zancan” di Padova arriva un appello: che nel 2011 si cambi prospettiva e si guardi al problema dell’impoverimento del paese a partire dai giovani. A farsi portavoce del monito è il direttore della Fondazione, Tiziano Vecchiato, che lancia una provocazione: “Da anni si pensa alla non autosufficienza degli anziani come a un’emergenza sociale, ma ci si dimentica di considerare che c’è un’altra fascia di non autosufficienti (economicamente)  ed è quella dei giovani”.  
La Fondazione sposa pienamente quanto detto solo pochi giorni fa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha invitato a “ripartire dai giovani”. Al paese non servono politiche “pensate da vecchi e dirette ai giovani – spiega Vecchiato – ma serve che sia lasciato spazio a questi ultimi perché possano costruire il proprio futuro. L’elettore medio ha 50 anni e il politico medio ne ha almeno 60: come si può pensare che da loro escano proposte innovative e utili alle nuove generazioni?”. L’augurio per l’anno appena iniziato, quindi, è che si inizi a prendere sul serio gli under35 che hanno qualcosa da dire e molto da reclamare. “Bisogna ascoltare le proposte avanzate dalle nuove generazioni e dare loro la possibilità di realizzarle, stanziando risorse adeguate – incalza il direttore –. Da sempre i grandi cambiamenti non sono fatti dagli anziani, ma dalle nuove forze sociali. Se dimostrano voglia di fare e interesse, non bisogna smorzare le loro voci per paura”.
La parola chiave per l’anno nuovo dovrebbe essere dunque “partecipazione a partire dai giovani”, espressione che calza a pennello anche con un altro termine di grande attualità: il federalismo: “Anche qui la partita si gioca su un modo diverso di intendere il bene comune, che prevede il coinvolgimento di tutta la popolazione. La politica deve necessariamente aprirsi a queste forze nuove, senza aver troppa paura di essere spodestata. È necessario un profondo rinnovamento, che non va ostacolato ma facilitato”. 

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