Esclusione sociale e Costituzione: intervista a monsignor Nervo

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creato: 24 maggio 2011

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Sabato 28 maggio si svolgerà a  Padova, nella Sala teatro del Santuario di San Leopoldo Mandic (piazzale S. Croce, dalle ore 15.45)  il convegno “Emarginazione, povertà e giustizia sociale”, in ricordo di don Franco Geronazzo. Tra i relatori ci sarà anche monsignor Giovanni Nervo, presidente onorario della Fondazione Zancan, con un intervento dal titolo “La lotta all’emarginazione nella Costituzione”. In questa intervista anticipa alcuni dei temi che saranno approfonditi nella sua relazione.
Monsignor Nervo, lei parla di lotta all'esclusione sociale non solo come “dovere morale”, ma soprattutto come precetto della nostra Costituzione. Eppure l'esclusione è un dato di fatto, non è sconfitta. Come mai?
Come cristiani dimentichiamo il Vangelo che ci dice che siamo tutti fratelli, perchè figli dello stesso Padre, che è Dio. L’unica preghiera che ci ha insegnato Gesù comincia così: “Padre nostro che sei nei cieli”. Come cittadini dimentichiamo la Costituzione - che richiamo con forza nella mia relazione - che all’articolo 3 dice che abbiamo tutti uguale dignità sociale.
Cosa fa lo Stato per contrastare l'emarginazione sociale?
Lo Stato promuove l’uguaglianza sociale e contrasta l’emarginazione in molti modi, con le leggi e le istituzioni. Uno strumento fondamentale è la scuola. L’articolo 34 della Costituzione dice che “la scuola è aperta a tutti, l’istruzione inferiore impartita per almeno otto anni è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli anche se poveri di mezzi hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio (…) che devono essere attribuite per concorso”.
Fa riflettere il comportamento del Comune di Milano che in un anno ha compiuto lo sgombero dei campi rom anche dove, con un lavoro paziente, maestre e volontari erano riusciti a inserire molti di loro a scuola.
Lei inserisce tra i “potenziali” esclusi anche i giovani, perchè?
Se i giovani non riescono a trovare lavoro, o ne trovano solo uno precario, sono esclusi da un diritto che la Costituzione sancisce formalmente: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto (articolo 4).
È singolare che il Parlamento in questi ultimi anni non abbia mai affrontato seriamente e responsabilmente questo problema. Le conseguenze sono disastrose: molti giovani non possono darsi un progetto di vita, fare un mutuo per la casa, creare una famiglia, mettere al mondo dei figli. Senza i giovani il mondo non ha un futuro.
Gli immigrati sono un’altra “categoria” a rischio, ma nessuno sembra preoccuparsene.
Sugli immigrati purtroppo la linea politica del governo non è per l’inclusione, ma per l’esclusione, il rifiuto. Al di là del problema morale, di etica civile, che almeno tutti i cristiani dovrebbero porsi, è una politica miope che non guarda a quello che sta cambiando nel mondo né al futuro. Noi siamo un popolo vecchio, abbiamo bisogno di loro.
È certamente un problema complesso che va governato con saggezza, umanità e lungimiranza. Ma non si governa con i respingimenti e sparando sui barconi. È strano che ci dimentichiamo così facilmente che siamo stati un popolo di emigranti e che abbiamo sperimentato la sofferenza dell’emigrazione. Il libro “L’orda” di Gian Antonio Stella  ha come sottotitolo “Quando gli albanesi eravamo noi”.
C'è chi vuole cambiare la Costituzione. Lei cosa risponde?
Rispondo che nel caos politico in cui stiamo vivendo quasi l’unico punto di sicurezza è il riferimento alla Costituzione e il presidente della Repubblica che la richiama costantemente. Dovrebbe far riflettere il fatto che nei vari sondaggi sul gradimento dei personaggi politici il più alto lo ha sempre il presidente della Repubblica.
E poi perché si dovrebbe cambiare? “Perché con questa Costituzione non si può governare”, come ha detto il presidente del Consiglio? Piuttosto che pensare di cambiare la Costituzione non sarebbe più saggio e più utile agli italiani che chi ha responsabilità la applicasse fedelmente?

 

 

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