Il Sud, il “welfare dal basso” e il divario con il Nord: confronto tra esperti in Calabria

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creato: 22 novembre 2011

TAGS: welfare cittadinanza

Il welfare del Sud, il divario con il Nord e la dipendenza dai sussidi economici sono stati gli argomenti al centro del convegno “Cittadinanza e welfare” organizzato venerdì e sabato scorsi a Cosenza dal Dipartimento di sociologia e scienza politica dell’Università della Calabria e dalla Fondazione Zancan.
L’iniziativa è nata dalla consapevolezza che il Mezzogiorno necessita di un’innovazione urgente e drastica del proprio sistema di welfare, tradizionalmente povero di servizi e basato esclusivamente sui trasferimenti economici. “L’importanza di discutere di questi temi – spiega Pietro Fantozzi, direttore del Dipartimento - è dettata dal fatto che qui al Sud sono più evidenti e tangibili i bisogni, sia legati alla povertà sia alla disabilità. E questo si innesta in un contesto in cui altri ambiti sono storicamente deboli: il lavoro che manca e, quindi, i livelli di disoccupazione altissimi, le nascite in calo e lo squilibrio demografico crescente”. Il problema di fondo è che “la politica in generale oggi non è in grado di progettare nel meridione l’assistenza sociale, non è in grado di aiutarci a costruire”.  La soluzione, perciò, va trovata dal basso, dialogando con quei “pezzi delle istituzioni, della politica, del terzo settore con cui si può concretamente ragionare e progettare”.
Solo lavorando in questa direzione sarà possibile colmare il netto divario tra il Nord Italia, caratterizzato da un modello di welfare tipico dell’Europa continentale, e il Sud, che presenta un modello sub-europeo, involuto. “Un divario che non è solo economico – avverte Giorgio Marcello, ricercatore del Dipartimento -, ma anche civile e sociale. Un divario che rischia di mettere a repentaglio la tenuta stessa del paese”. Per colmare questo storico gap serve, per Marcello, “un aumento di consapevolezza e un lavoro sui territori per creare un tessuto sociale di coesione dal basso”. Se questo non sarà fatto si corre il pericolo di meridionalizzazione del Paese, di regressione e di un ulteriore aumento del divario. “Bisogna intervenire – conclude – per far sì che il Sud superi la cronica dipendenza da sussidi e istituzionalizzazione e per creare quella trama di servizi oggi assente”.
Sulla necessità di investire in servizi, andando oltre la logica dell’assistenzialismo e dei contributi una tantum, insistite il direttore della Fondazione Zancan Tiziano Vecchiato: “Oggi in Italia l’assistenza sociale è ancora trattata in termini di «assistenza economica» e non la si considera un potenziale di investimento. Al momento, l’89% delle risorse sono gestite in termini di trasferimenti e solo l’11% in termini di servizi. Eppure, questi ultimi hanno un rendimento molto maggiore e misurabile anche in termini di sviluppo economico”. E incalza: “Se l’Italia ha accumulato il deficit di sviluppo che conosciamo è anche perché buona parte dei 51 miliardi della spesa per assistenza sociale non viene sottoposta a valutazione di impatto, non garantisce esiti apprezzabili ed è gestita senza guardare al suo rendimento ma, purtroppo, solo come peso assistenziale”.

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