Padova, 26 marzo 2008 – Nel Regno Unito vi sono circa 78 mila bambini assistiti all’esterno della loro famiglia; negli Stati Uniti sono 500 mila i bambini in affidamento e quasi 1 milione i bambini abusati e trascurati ogni anno; in Australia sono oltre 23 mila i bambini presi in carico all’esterno delle famiglie, con un aumento del 70% in 9 anni; l’India ha una popolazione di bambini di strada stimata intorno a 18 milioni (su 100 milioni di bambini che vivono e lavorano sulle strade di tutto il mondo). I tassi relativi all’entrata in assistenza variano da 6 su 10.000 (Giappone) a 18 (Norvegia) a 42 su 10.000 (Stato di Washington). Mentre circa il 40% di questi bambini aveva meno di 5 anni quando è entrato in assistenza in Australia, Inghilterra e Stati Uniti (e quasi il 50% in Giappone), la popolazione in carico all’esterno delle famiglie nei Paesi scandinavi è rappresentata maggiormente dagli adolescenti, con oltre il 40% dei ragazzi che entrano in assistenza a 15 anni o più (in confronto all’8% dell’Australia e al 4% dell’Inghilterra). E in Italia? Mancano, a livello nazionale e anche a livello del Veneto, dati precisi sul numero di bambini in carico ai servizi. Nell’analisi della situazione di minori e famiglie, il nostro sistema di welfare non monitora tale aspetto, e già questo è indicativo di quanto lavoro ci sia ancora da fare. Si stima che i bambini/ragazzi in grave difficoltà in Italia siano l’1% della popolazione di 0-17 anni, cioè circa 100 mila minori. In Veneto sono circa 8 mila. A questi minori vanno poi aggiunti i molti bambini e ragazzi che vivono esperienze di difficile integrazione anche a causa delle crisi familiari. Quante risorse assorbono i bambini e ragazzi in grave difficoltà? E soprattutto: le risorse sono ben utilizzate? Portano beneficio ai minori e alle loro famiglie? Si possono effettuare confronti sistematici tra Paesi con sistemi diversi di welfare che siano utili per dare risposte sempre più efficaci ai loro bisogni?
Su queste domande ha preso il via oggi mercoledì 26 marzo a Padova la Conferenza internazionale “Conoscere i bisogni e valutare l’efficacia degli interventi per bambini e famiglie in difficoltà. Prospettive internazionali e sfide per la ricerca, le politiche e i servizi”, organizzata dalla Fondazione Zancan in collaborazione con un’associazione europea, l’European Scientific Association For Residential and Foster Care for Children and Adolescents (Eusarf), un’associazione internazionale, l’International Association For Outcome-Based Evaluation And Research On Family And Children’s Services (iaOBERfcs), con l’Università degli Studi di Padova e il Comune di Padova. I partecipanti sono 500 – docenti, ricercatori ed esperti in materia, operatori e dirigenti dei servizi sia pubblici che privati – provenienti da 30 Paesi del mondo (Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Svizzera, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Regno Unito, Grecia, Armenia, Israele, India, Pakistan, Cina, Usa, Canada, Brasile, Ghana, Liberia, Nigeria, Etiopia, Uganda, Australia, Nuova Zelanda).
Nei Paesi anglosassoni il 20% dei bambini con problemi assorbe l’80% delle risorse che il welfare destina al soddisfacimento dei loro bisogni (educativi, sanitari, assistenziali…). «Per quanto riguarda l’Italia, i dati disponibili fanno supporre che la tendenza sia confermata almeno nel settore dell’assistenza sociale», afferma MARIA BEZZE, RICERCATRICE DELLA FONDAZIONE ZANCAN.
Lo scenario che contraddistingue le politiche sociali nel nostro Paese è la scarsità di risorse e la rapida crescita della domanda. Inoltre, nel welfare italiano le risorse sono destinate in modo nettamente prevalente al sostegno della vecchiaia (pensioni, 68%) e alla cura della malattia (sanità, 24%), piuttosto che all’assistenza (servizi sociali, 8%). Rispetto allo specifico della spesa a favore dei bambini e delle famiglie, l’Italia si colloca al penultimo posto tra i paesi della Eu15, destinando il 4,4% del Pil (al primo posto il Lussemburgo con il 17,4%, seguito dall’Irlanda con il 15,5%, e poi dalla Danimarca con il 13,0% dalla Finlandia con l’11,5%; all’ultimo posto, dopo l’Italia, c’è solo la Spagna, con il 3,5%) (dati 2004: gli ultimi dati ad oggi disponibili!). La spesa che i Comuni, principali responsabili dei servizi sociali, destinano ai bambini e alle loro famiglie, nel 2004 è stata di poco superiore ai 2 miliardi di euro, cioè a circa 90 euro pro capite, con notevoli differenze territoriali, soprattutto tra nord e sud del Paese (minimo di 24 euro, massimo di 282 euro; il Veneto si attesta sui 65 euro). Si tratta di risorse molto contenute e rispetto alle quali poco o nulla si sa se sono correlate al bisogno, se sono usate in modo efficiente e per produrre servizi efficaci.
«L’assistenza sociale in Italia si eroga solo dopo aver accertato che c’è un determinato bisogno, solitamente accompagnato da una limitatezza o assenza di risorse economiche per farvi fronte autonomamente – spiega MARIA BEZZE –. Ci sono poi due principali erogatori dei servizi assistenziali: lo Stato e gli oltre 8.000 Comuni. Lo Stato eroga assistenza sotto forma di trasferimenti economici, che nel caso della famiglia sono: indennità di maternità, assegni per il nucleo familiare, assegni per il terzo figlio… I Comuni erogano anche loro trasferimenti economici, ma in modo prevalente erogano servizi. Rispetto all’attività dei Comuni, gli ultimi dati disponibili dicono che ai bambini e alle famiglie viene destinato il 39% delle risorse, cioè circa 2 miliardi di euro. Questo importo comprende però anche le risorse destinate agli asilo nido, che non sono propriamente un servizio assistenziale ma educativo. Depurando quindi i 2 miliardi di euro della spesa per gli asili nido, si passa a 1,2 miliardi di euro. Ebbene, abbiamo stimato che il 70% di questa spesa è destinato a bambini/ragazzi e a famiglie in grave difficoltà».
Nel padovano, ad esempio, da un’analisi realizzata dalla Fondazione Zancan con focus sulle povertà estreme è emerso che nel 2005 il Comune di Padova ha speso oltre 4 milioni di euro per dare risposta alle persone in grave difficoltà economica e in stato di emarginazione; andando poi a scorporare questa spesa per fasce di età, si vede come il 58,6% di questi 4 milioni di euro sia andato a minori, cioè una cifra pari a 11,40 euro pro capite (in particolare la voce principale di spesa è relativa alle integrazioni per la retta di minori non accompagnati).
«Ora potremmo chiederci se questo va bene oppure no – continua TIZIANO VECCHIATO, DIRETTORE DELLA FONDAZIONE ZANCAN E VICEPRESIDENTE iaOBERfcs – La risposta è duplice. Va abbastanza bene da un punto di vista della solidarietà perché diamo di più a chi ha più bisogno. Non va purtroppo sostanzialmente bene, visto che la torta da spartire tra i bambini in difficoltà e quelli che comunque necessitano di interventi preventivi per favorire la loro crescita è, come in altri Paesi, troppo piccola. L’Italia è al penultimo posto nell’Europa dei 15 per risorse destinate alla famiglia rispetto al Pil. Abbiamo elevati standard di protezione della maternità (in termini di sussidi, di congedi), paragonabili a quelli dei Paesi del Nord Europa, ma abbiamo ancora pochi servizi di cura e sostegno all’infanzia e alla famiglia».
«La scarsa attenzione finora riservata alla famiglia nelle Politiche sociali indica che siamo a rischio di un decadimento del nostro Paese sul piano demografico e di conseguenza anche sul piano sociale ed economico – afferma MONS. GIUSEPPE BENVEGNÙ-PASINI, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE ZANCAN – Si impone una coraggiosa inversione di tendenza, di cui dovranno farsi carico le forze politiche che assumeranno il governo dopo le prossime elezioni, dando centralità alle famiglie e specialmente a quelle più numerose. Come sottolinea l’ultimo Rapporto Caritas-Zancan, appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135 per cento rispetto al valore medio dell’Italia. Nei programmi politici preparati per le elezioni si registra una felice convergenza sul tema della famiglia: vedremo in futuro se si tratta di semplici promesse o se queste dichiarazioni si tradurranno in concreti impegni operativi».
Il programma completo della Conferenza su www.outcome-evaluation.org/eusarf2008
La Conferenza internazionale “Conoscere i bisogni e valutare l’efficacia degli interventi per bambini e famiglie in difficoltà. Prospettive internazionali e sfide per la ricerca, le politiche e i servizi” è organizzata da: Fondazione Zancan, European Scientific Association For Residential and Foster Care for Children and Adolescents (Eusarf), International Association For Outcome-Based Evaluation And Research On Family And Children’s Services (iaOBERfcs), Università degli Studi di Padova, Comune di Padova; con il contributo di: Fondazione Paideia, Banca Etica, De Leo Fund, Scottish Institute for Residential Child Care (Sircc), Camera di Commercio di Padova, Provincia di Padova, Fondazione Cattolica Assicurazioni. Hanno concesso il patrocinio il Ministro delle Politiche per la Famiglia, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, la Regione Veneto. L’evento è sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. In collaborazione con: Il Sole24ore, Agenzia Redattore Sociale, la Difesa del Popolo.
ALCUNI FOCUS
Inghilterra e Regno Unito. Al 31 marzo 2007 circa 60.000 bambini (55 bambini su 10.000 di età inferiore a 18 anni) erano in carico all’esterno della famiglia in Inghilterra. Con il Children Act del 1989, l’espressione “looked after children” si riferisce a bambini ai quali viene data un’assistenza sostitutiva, che può essere su base volontaria per aiutare i genitori oppure in seguito a un’ordinanza del giudice. Il 64% di questi bambini era soggetto a ordinanze obbligatorie di assistenza. La maggior parte (62%) era stato inserito in assistenza a seguito di abusi o abbandono. In generale, nel Regno Unito, vi sono circa 78.000 bambini assistiti all’esterno della loro famiglia.
I bambini “looked after” possono trovare risposta in diverse tipologie di servizi, tra queste l’affidamento oppure l’assistenza in comunità per minori. L’opzione più frequente di assistenza sostitutiva nel Regno Unito è l’affidamento. In Inghilterra nel 2007 circa il 71% di tutti i bambini presi in carico è stato inserito in famiglie affidatarie. Mentre molti bambini che entrano nel sistema dei servizi vi rimangono solo per brevi periodi, un numero considerevole vi trascorre buona parte dell’infanzia.
Australia. In Australia, negli ultimi 5 anni le segnalazioni di notifiche di abuso e maltrattamento su bambini sono aumentate da 107.134 nel 1999-2000 a 252.811 nel 2004-2005. Sulla base dei rapporti sulle indagini per maltrattamento e alle verifiche, un tribunale può emettere un’ordinanza di affidamento e tutela. Il numero di queste ordinanze di cura e protezione varia da 3,4 a 5,8 per mille nei diversi Stati australiani. Nel 2005 ci sono stati 23.695 bambini presi in carico all’esterno delle famiglie, con un aumento del 70% dal 1996 e un tasso di 4,9 per mille bambini in presa in carico assistenziale, tasso crescente rispetto al 3 per mille del 1997. I bambini presi in carico rappresentano un gruppo molto svantaggiato i cui bisogni di efficacia del servizio meritano di essere approfonditi.
Stati Uniti. Nel 2005 negli Stati Uniti (dati più recenti) quasi 3,3 milioni di bambini e ragazzi statunitensi sono stati segnalati come vittime di abuso e trascuratezza; di questi, 899.000 sono stati confermati come vittime reali (U.S. Department of Health and Human Services, 2007). Il governo federale statunitense ha stimato che, a partire dal 30 settembre 2005, 513.000 bambini e ragazzi erano stati inseriti in affidamento in ambienti familiari e non, con circa 799.000 bambini che hanno ricevuto servizi durante l’anno fiscale federale 2005 (U.S. Department of Health and Human Services, 2006). Nello stesso anno (2005) ci sono state 3 milioni di segnalazioni in merito a possibili abusi o negligenze su bambini. I bambini deceduti a seguito di abusi sono stati 1.460. Negli ultimi 7-8 anni c’è stata una qualche diminuzione del numero di bambini in affidamento, ma in generale queste cifre si sono mantenute costanti nell’ultimo decennio. «Negli ultimi 25 anni è cambiato poco in termini di politica nazionale – afferma JOHN SCIAMANNA, CO-DIRECTOR OF GOVERNMENT AFFAIRS, CHILD WELFARE LEAGUE OF AMERICA – La questione e le sfide legate all’abuso e alla trascuratezza dei bambini e al loro sostegno nel sistema di welfare americano non sono mai arrivate a un livello di importanza tale da poter essere considerato una priorità nazionale. I programmi che sono stati creati per prevenire la trascuratezza e l’abuso non sono stati finanziati al livello stabilito dalle leggi. Se le questioni dell’adozione, dell’affidamento e dell’abuso sui bambini possono generare interesse nella popolazione in generale, raramente sono così forti da avviare cambiamenti legislativi o investimenti nazionali. Finché questo focus non cambia e le questioni del welfare per l’infanzia non diventano una priorità nazionale, gli Stati Uniti continueranno a trattare in modo diverso a seconda degli Stati in cui vivono i bambini e, a livello nazionale, gli Stati Uniti continueranno ad avere 500.000 bambini in affidamento e quasi 1 milione di bambini abusati e trascurati ogni anno».
UN CONFRONTO FRA PAESI. Da una ricerca presentata alla Conferenza internazionale su 14 diversi Paesi del mondo, emergono differenze sostanziali nelle percentuali di bambini assistiti all’esterno della loro famiglia. I tassi relativi all’entrata in assistenza variano da 6 su 10.000 (Giappone) a 18 (Norvegia) a 42 su 10.000 (Stato di Washington). Mentre circa il 40% di questi bambini aveva meno di 5 anni quando è entrato in assistenza in Australia, Inghilterra e Stati Uniti (e quasi il 50% in Giappone), la popolazione in carico all’esterno delle famiglie nei Paesi scandinavi è più caratterizzata sugli adolescenti, con oltre il 40% dei ragazzi che entrano in assistenza a 15 anni o più (in confronto all’8% dell’Australia e solo il 4% in Inghilterra). «Spiegano queste differenze i contesti sociali, gli atteggiamenti verso la famiglia, le ideologie politiche, e in particolare i diversi punti di vista rispetto all’erogazione di servizi per le famiglie – precisa nel presentare la ricerca JUNE THOBURN, PROFESSOR OF SOCIAL WORK, UNIVERSITY OF EAST ANGLIA, NORWICH, ENGLAND e COLLABORATRICE DELLA FONDAZIONE ZANCAN – Le scelte di inserimento influiscono poi sulla durata della permanenza e sui percorsi dopo il periodo di assistenza». «C’è ancora molto da imparare dalle politiche e dagli interventi nei diversi Stati – continua –; è necessaria dunque una raccolta periodica di dati affidabili relativi a popolazioni di bambini presi in carico per completare le ricerche sui processi e sugli esiti e per poter rispondere a domande come cosa funziona? e perché funziona e con chi?. Attraverso lo studio dei dati di ricerca e le valutazioni in più Paesi si può progredire nel miglioramento dell’efficacia per i bambini in difficoltà. Per poi dare loro risposte effettive nei contesti locali».