La crisi attuale sta mettendo a dura prova i sistemi di welfare, con conseguenti deficit di sostenibilità e di fiducia. È una deriva inevitabile? Il quinto numero di Studi Zancan apre con un articolo di Maria Bezze, Devis Geron, Elena Innocenti e Tiziano Vecchiato che risponde a questa domanda facendo sintesi del Rapporto sulla lotta alla povertà 2015 della Fondazione Zancan, «Cittadinanza generativa». Si evidenzia la necessità di adottare approcci di welfare generativo. Gli schemi di protezione sociale in Italia, basati prevalentemente su trasferimenti monetari, producono risultati poco incoraggianti. Per contribuire ad individuare nuove e più efficaci soluzioni, si propone un’articolata proposta di legge che definisce e regola le modalità di rigenerazione e rendimento delle risorse a disposizione, mediante la responsabilizzazione dei beneficiari di interventi di sostegno economico, che volontariamente possono realizzare azioni a corrispettivo sociale a vantaggio della comunità. La realizzazione di queste azioni prefigura soluzioni di «cittadinanza generativa» a beneficio di tutti, a partire dai più deboli.
Segue un articolo di Tiziano Vecchiato sulla valutazione di impatto. La sfida degli esiti non può essere evitata. La differenza tecnica tra esito e impatto è sostanziale: gli esiti sono beneficio diretto per i destinatari mentre l’impatto è beneficio esteso alla comunità. La valutazione di impatto sociale è chiamata ad entrare nel merito dei potenziali a disposizione per meglio identificare quanto i servizi di welfare riescono a redistribuire bene comune.
Paolo Rametta affronta il tema della riforma dei sistemi di welfare. Il tentativo è di mettere al riparo le fondamenta del moderno Stato sociale dalle fluttuazioni e dai rischi provocati dalle minori risorse finanziarie disponibili. In particolare è in pericolo la tutela dei diritti fondamentali, indissolubilmente legati all’erogazione da parte dello Stato di prestazioni che dei diritti sono esecutrici e attuatrici.
La sezione monografica, a cura di Roberto Maurizio, sintetizzata una ricerca svolta in Emilia-Romagna per valutare i processi di lavoro tra servizi sociali e sanitari, comunità, famiglie di accoglienza e affidatarie, per rendere più efficaci i collocamenti dei minori fuori famiglia. È stata un’occasione per identificare buone prassi nel campo delle accoglienze fuori famiglia e mettere a fuoco le condizioni per riproporle in altri contesti territoriali. È necessario migliorare la qualità dell’integrazione tra tutti i soggetti interessati, promuovere e arricchire il dialogo e il confronto mettendo a valore il repertorio di buone prassi realizzate, con al centro il tema della valutazione. Lo studio ha permesso di far luce su alcune criticità del sistema di accoglienza e, contestualmente, di individuare possibili soluzioni. Sono state raccolte proposte, suggerimenti, sollecitazioni che consentono alla Regione di disporre di indicazioni preziose su tre livelli: regionale, degli ambiti territoriali, dei servizi sociali.
L’articolo conclusivo di Giulia Barbero Vignola, Barbara Montini, Maurizio Schiavon, Daniele Bordin e Martin Eynard è dedicato al tema dell’obesità nei giovani. L’obesità è infatti uno dei maggiori problemi di salute pubblica dei nostri tempi. La sua prevalenza è in costante aumento non solo nei paesi ricchi, ma anche in quelli a basso/medio reddito e, fatto ancor più preoccupante, interessa adulti e bambini. Secondo i dati dello studio Crescere, a 12 anni il 15% dei ragazzi è sovrappeso, mentre il 10% è obeso. Nel complesso, 1 su 4 ha un valore ponderale superiore a quello ideale. La frequenza dei ragazzi in sovrappeso/obesi è maggiore nei maschi (32,5%) rispetto alle femmine (17,2%). L’obesità infantile espone a complicanze fisiche morbose quali difficoltà respiratorie, problemi articolari, mobilità ridotta. Bambini obesi hanno una più alta probabilità di diventare adulti obesi, con le conseguenze che ciò comporta riguardo al più alto rischio di sviluppare malattie croniche del cuore e il diabete di tipo 2. Vi sono inoltre conseguenze psicologiche perché i ragazzi spesso si sentono a disagio, fino ad arrivare a un vero e proprio rifiuto del proprio aspetto fisico e allo sviluppo di un senso di insicurezza che li porta all’isolamento.