Il welfare che conosciamo è un’assicurazione collettiva contro i rischi dell’esistenza. Nascere, crescere, lavorare, vivere, invecchiare sono vita che prende forma, si sviluppa, si afferma, si compie, tra sfide, potenzialità e fragilità, temporanee e durature, per farcela convivendo con i propri limiti e la necessità di chiedere aiuto.
Per carità o per giustizia? Nel Novecento si è pensato che la strada migliore per garantire giustizia fosse assicurarla, trasformarla in credito di cittadinanza, diritto di socialità.
Ma dall’interesse individuale non nascono necessariamente frutti sociali. Prendere coscienza di questo significa mettere in discussione il welfare attuale, cercando oltre chi chiede e chi offre servizi, chi domanda e chi risponde, chi aiuta e chi è aiutato, cioè oltre lo scambio incapace di incontri moltiplicativi di capacità e risorse. Non trasforma l’input in valore da redistribuire, non investe nel concorso al risultato, non favorisce l’incontro tra diritti e doveri, consuma senza rigenerare valore sociale. L’assicuratore pubblico, mutualistico, privato oggi non ha interesse a moltiplicare il valore a disposizione ma a ridurre i propri rischi. Con l’opzione universale (dare a tutti) si accetta il rischio che una porzione di assicurati non paghi quello che riceve (110 miliardi di tasse non pagate), con l’opzione mutualistica sono tutelati i gruppi di acquisto solidale (con mutue di settore, welfare aziendale…), accettando il rischio di diventare più diseguali. Le garanzie per gli assicurati privati accettano il rischio di non essere/diventare società solidale. La paura dei poveri ha spinto gli stati moderni a cercare nelle soluzioni redistributive un argine alla delegittimazione politica. Oggi questa paura sta assecondando lo scambio “più trasferimenti = più consenso” con la politica dei bonus e altri trasferimenti.
Nel 2017 si potrà ripartire da queste criticità e parlarne? Potremo prefigurare soluzioni di welfare capaci di valore generativo sociale ed economico? Ci metteranno a disposizione modi più umani di essere società.
Rubrica “Welfarismi” di Tiziano Vecchiato. Estratto da Vita, gennaio 2017