La Conferenza internazionale “New Perspectives for Outcome-based Evaluation and Research on Family and Children’s Services” ha mantenuto le promesse ed è andata oltre le attese.
Cosa ci si poteva aspettare da un confronto organizzato in collaborazione con l’Università Cinese di Hong Kong cioè in un contesto culturale e sociale con tante diversità e in profondo cambiamento? Si è rivelato un ambiente dove pochi anni di transizione sono come decenni nel vecchio continente. Per chi fa valutazione è il massimo a disposizione. Su piccola scala è un po’ come per chi studio l’universo, scopre ogni giorno quanto il “tutto in movimento” possa mettere a disposizione una tale ricchezza di informazioni che il “tutto fermo” non può dare.
Esperti, ricercatori, operatori in un baricentro fatto di contraddizioni, disuguaglianze, potenzialità, un tutto da portare a bene comune. Ma cosa hanno imparato? La prima lezione: quanto più grandi sono le disuguaglianze tanto meno ci si può accontentare delle “piccole misure” a cui ci ha abituato l’assistenza tradizionale. In una città dove il 50% delle case è pubblico, cioè a fruizione pubblica, i suoi abitanti devono necessariamente imparare a gestire l’housing in modi socialmente più responsabili e solidali. Per questo in contesti come questo i dati tradizionali sulla povertà non semplificano le risposte al punto da descriverle come cure palliative per ridurre la sofferenza ma senza affrontare il problema.
Una seconda lezione: nella Conferenza sono state condivise soluzioni per maneggiare e valorizzare i “soft data”, quelli capaci di entrare come sonde nelle viscere dei problemi e meglio avvicinarli alle possibili soluzioni. Ci avvicinano a qualcosa di controintuitivo: i differenziali culturali non sono necessariamente un ostacolo alla ricerca di soluzioni ma anzi possono rivelarsi fonte preziosa di soluzioni, sensibili alle diverse configurazioni dei problemi, per gestire in modi semplici la complessità, privilegiando “l’essenziale che fa la differenza”. Negli ambienti più ricchi di multicultura teoria e pratica si avvicinano più facilmente, rendono più agevole l’utilizzo di metriche integrate, più capaci di misurare gli esiti e gli impatti. È cioè necessario “desofisticare” i concetti e le pratiche tradizionali. Di norma sono difensive, autocelebrative per sembrare più capaci di quello che si è veramente, come le valutazioni delle politiche pubbliche nel nostro paese, sembrano fatte per nascondere responsabilità inconcludenti, ogni anno bruciano quantità industriali di risorse senza risultati.
Sarebbe naturale chiedersi perché? Per quanti se lo sono chiesti ad Hong Kong non sono mancate risposte preziose per rimettere in gioco le responsabilità, pensando alle nuove generazioni. Convergevano da 16 paesi (Giappone, Australia, Paesi Bassi, Cina, Germania, Regno Unito, Taiwan, Italia, Stati Uniti, Spagna, Israele, Corea, Finlandia, Malesia, Singapore, Cambogia) e insieme hanno contribuito a più di 60 presentazioni, plenarie e parallele, sui cambiamenti sociali in corso, la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, la valutazione dei servizi, le pratiche con/senza la famiglia, gli esiti, l’impatto sociale. I risultati sono condensati nel volume “New Perspectives for Outcome-based Evaluation and Research on Family and Children’s Services” scaricabile gratuitamente dal sito della Università Cinese di Hong Kong e dal sito della Fondazione Zancan, oriente e occidente insieme impegnati per uno sviluppo più umano sostenibile ed efficace per l’infanzia e la famiglia.