Perché le comunità locali dovrebbero attivarsi e affrontare le disuguaglianze? È un problema mio, nostro, di tutti? La differenza non è di poco conto, in un mondo dove la sfera privata si è estesa e moltiplicata nei social media ma si è pericolosamente ridotta nella sfera dei beni comuni, quelli di tutti. Ha vinto la cultura individualistica e hanno perso le culture liberale e socialcomunista. Entrambe, da prospettive opposte, hanno sognato una società dove poter vivere liberamente, sentirsi sicuri, tutelati, protetti dall’incontro tra diritti e doveri sociali. La profezia non si è avverata e procediamo in direzione opposta, con un welfare fatto di diritti senza doveri e di livelli essenziali ridotti a prodotti da vendere/ comprare per cittadini trasformati in consumatori di welfare. In questo modo cresce il profitto politico ma peggiora il lavoro nei servizi. Si va in direzioni divaricate, con individui che non diventano mai persone e tanto prestazionismo.
L’innovazione sociale è affidata a tante “app puntozero” da utilizzare al bisogno, e la riduzione delle disuguaglianze è amarcord del passato, cioè rinuncia ad un futuro possibile. Tutto questo avviene mentre le risorse per “assistenza sociale” sono aumentate come non mai: erano 50 miliardi, ma nel 2014 sono diventate 58,6 miliardi (+17,2%) e alla fine del 2018 supereranno i 60 miliardi (+21,2%), a quota 1000 euro pro capite. Difficile in Europa trovare chi spende più di noi, ma purtroppo facile trovare chi fa meglio di noi. I nostri indici di occupazione di welfare, pur con molte risorse, sono tra i più bassi della zona Ue, i nostri indici di costo/efficacia descrivono l’incapacità di fare “il bene che potremmo fare”. Non è difficile capirlo, basta andare nei territori con più trasferimenti e misurare il rapporto tra spesa ed esiti. Gli indici sono impietosi, al punto da chiedersi se non sarebbe il caso di mettere in discussione le responsabilità politiche e tecniche del “danno erariale non patrimoniale”. La risposta non è facile, se non conviene darla.
Welfarismi, Rubrica di Tiziano Vecchiato su Vita, febbraio 2018