Come ripristinare la coesione sociale nelle nostre città? Quali esperienze sono attive in Italia su questo fronte? Alcune risposte a queste domande sono contenute nel nuovo numero della rivista «Studi Zancan» (già disponibile nella versione on line e in corso di distribuzione in formato cartaceo). La monografia del numero 3/2010 è infatti interamente dedicata ai “Laboratori di cittadinanza”, alla luce di quanto emerso in un seminario realizzato nel 2009 in collaborazione con la Fondazione «Casa della Carità» di Milano.
Apre l’approfondimento Virginio Colmegna, che presenta il modus operandi della «Casa della carità», che si rivolge in particolare alle persone in condizioni di marginalità. La lotta alla povertà e la crescita economica, culturale e sociale sono la strada per superare i conflitti: un obiettivo, questo, che può essere raggiunto andando oltre la logica dell’assistenzialismo e dell’abbandono.
Tiziano Vecchiato approfondisce il tema della difficile composizione della diversità nei contesti sociali odierni, anche alla luce delle recenti disposizioni in materia di federalismo. Si focalizza in particolare sulla necessità di trovare soluzioni perché siano tutelati i diritti di tutti, cittadini residenti e non, all’interno di uno spazio sociale condiviso e partecipato.
Elena Schnabl, dal canto suo, mette in evidenza come l’istituto della cittadinanza sia attualmente sottoposto a una notevole tensione per i mutamenti verificatisi nella società italiana e per la messa in discussione degli stessi principi di cittadinanza. Categorie di soggetti sono esclusi dalla comunità, come gli immigrati, o condizionati nella partecipazione, come gli anziani dipendenti. L’autrice offre un’analisi delle implicazioni per contrastare l’allentarsi dei diritti e rafforzare le situazioni deboli.
Davide Bilardi ed Elisa Golin, alla ricerca di una chiave per agire una cittadinanza includente e includibile, propongono un approccio innovativo mirato a conciliare, nella concezione della persona e di ogni insieme organizzativo, la dimensione dell’unitarietà con diversificazione e distinzione, rendendo possibile accogliere in una prospettiva multidimensionale diversità e unicità, identità e differenza.
Angelo Lippi cita e spiega alcune parole chiave fondamentali per l’avvio di esperienze mirate alla risoluzione dei conflitti. Tra queste, «abitanza», «laboratori», «concertazione», «integrazione». L’autore fa il punto sulle esperienze nella regione Toscana in materia di concertazione e cooperazione unitaria.
Alessandro Sicora riporta i risultati di recenti ricerche, che evidenziano in Italia un crescente rischio di conflittualità ed esclusione sociale. A tale situazione vanno opposte efficaci strategie di cittadinanza attiva. Nel cercare il «come», utili spunti giungono dal passato: alcuni esempi di ciò possono essere individuati nell’ambito della filantropia ottocentesca a Trieste.
Mario Giostra riferisce sull’esperienza «Amolamiacittà», un laboratorio permanente di ideazione e sperimentazione, innestato sul «paradigma della fraternità». Maria Grazia Guida racconta di come la Casa della Carità si è messa a disposizione di Milano e del territorio dove è collocata, zona oggetto di ingenti mutamenti urbanistici che rendono fragili, cercando di favorire la nascita di una cultura di accoglienza. Chiara Berti, Monica Pivetti e Maria Di Gianpaolo rendono noti i risultati di una ricerca mirata a indagare come la popolazione abruzzese veda e valuti la presenza di rom e sinti, quali gli esiti di un contatto, in che modo si costruisca il pregiudizio.