Sono state ben 3.175, solamente nei primi sei mesi di quest’anno, le richieste di aiuto economico giunte agli sportelli del Microcredito e del Fondo straordinario di solidarietà per chi ha perso il lavoro delle nove Caritas diocesane venete: il doppio rispetto al 2009, quando le domande erano state 3.047 nell’arco, invece, di dodici mesi.
E' questo il dato più eclatante emerso a Zelarino nel corso di un convegno organizzato dalle Caritas venete e dalla Fondazione Zancan di Padova, per un confronto con le istituzioni regionali sul tema del welfare e della povertà. In sala, sindaci, rappresentanti del terzo settore, sindacati, operatori Caritas e rappresentanti del mondo economico. Assente il Governatore Luca Zaia, che ha mandato una lettera di saluto.
I numeri e il profilo del bisogno
Complessivamente, fra il 2008 e il 2010, le Caritas hanno dato aiuti in denaro (nella forma di piccoli prestiti o di contributi a fondo perduto) per ben 5,7 milioni di euro (precisamente 2.283.990 per il microcredito, 3.431,686 attraverso il fondo di sostegno a chi ha perso il lavoro); 6.806 le persone che si sono rivolte agli sportelli (2.778 per il microcredito, 4.028 per il fondo straordinario). Molti gli stranieri, ma anche numerosi italiani. Del totale delle richieste di aiuto, il 77% circa ha ottenuto un finanziamento. Quanto all’identikit, le persone che chiedono di accedere al Fondo straordinario sono in maggioranza uomini (circa il 75%) e stranieri (60%), di età media di 41 anni. Spesso a trovarsi in difficoltà sono le coppie con figli a carico (55%), ma ci sono anche persone sole (15%) o sole con figli (11%) oppure, ancora, coppie senza figli (8%). Il titolo di studio è generalmente basso: la metà ha la licenza media inferiore, il 13% ha la licenza elementare o nessun titolo e soltanto il 5% è laureato. Beneficiari microcredito, sono invece sia uomini (54%) che donne (46%), 6 su dieci sono stranieri (Chioggia, Padova, Treviso e Verona sono in prevalenza italiani). Età media 45 anni (fascia d'età 40-50 anni) e sempre 6 su 10 sono coniugati (in larga parte con figli a carico). Problemi più comuni: lavoro e spese di casa.
Da un’analisi della Fondazione Zancan, emerge come il Fondo straordinario sia più associabile a condizioni di povertà, mentre microcredito ha più a che fare con impoverimento, con difficoltà temporanee da superare. Fra i soggetti più esposti a povertà e impoverimento ci sono comunque le persone che non hanno famiglia, le famiglie con figli a carico e i lavoratori a basso reddito.
Il confronto con le istituzioni per un nuovo welfare contro l’esclusione
Per don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas Vicentina e Delegato per le Caritas del Triveneto "il momento che stiamo attraversando offre un'opportunità indispensabile di confronto fra enti locali, Regione, Ulss, mondo ecclesiale, terzo settore e, in generale, con tutti quei soggetti istituzionali che determinano i servizi sociali. In Italia la situazione resta in stallo: le politiche di lotta a povertà negli ultimi 20 anni sono cronicamente statiche, immutate. Ma intervenire in questo senso è una questione di giustizia, di dignità, di libertà ma soprattutto di responsabilità”. Prestiti al massimo di poche migliaia di euro e contributi a fondo perduto destinati a pagare bollette, affitti, spese mediche e altri costi familiari. Sono questi i due strumenti messi in campo contro la crisi dalle Caritas del Veneto. Un sistema che funziona grazie al lavoro di ascolto di centinaia di volontari, che lavora in rete con i rispettivi territori (comuni, banche e altri soggetti) e che può a buona ragione costituire un esempio di "welfare mix" che funziona. “La famiglia in Italia non è supportata – aggiunge Sandonà – ma siamo convinti che si possa, senza spendere di più, spendere meglio e addirittura meno. Si continua infatti a preferire la logica dei trasferimenti monetari e non l'attivazione dei servizi, che potrebbero dare risposte più durature ed efficaci. Per questo chiediamo politiche sociali che mettano in piedi servizi di accompagnamento, agevolazioni fiscali e anche trasferimenti economici”.
Per questo Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan, ritiene che l’incontro odierno possa a buona ragione essere considerato “una prova d'orchestra dell'Osservatorio Nordest sulla povertà e l'esclusione sociale”. “Quello che hanno fatto le Caritas – sottolinea Vecchiato -, quell'approccio e quel metodo di incontro, quel metodo di valutazione delle capacità potrebbe essere applicato anche da tutti i comuni. La variabile determinante della riuscita del microcredito, infatti, è il rapporto fiduciario che si crea nell'ascolto e nell'accompagnamento. Il metodo Caritas ci pone davanti alla sfida di ripartire dal rendimento delle risorse, che sono più di 500 milioni di euro che i comuni spendono annualmente per i servizi sociali, di cui circa metà sono sotto la voce povertà ed esclusione sociale. Va poi detto che in larga parte sono trasferimenti monetari, quindi non generano lavoro nè emancipazione. E questo spiega perché in Italia la speranza di uscita da condizioni di povertà è bassa (1,8%, mentre in altri paesi si va oltre il 50-60%): nel nostro Paese chi diventa povero, lo rimane. Per uscire dalla povertà bisogna che qualcuno ti aiuti, ti accompagni”. “Alla Regione – conclude Vecchiato volevamo dire che la riforma del sistema deve partire dal sociale, senza aumentare la spesa pubblica. Le disuguaglianze sono aumentate di molto, a causa delle differenze nella spesa del sociale. Il punto chiave è il rendimento dei diritti, che invece vengono pensati sempre, ancora, in termini di esigibilità ossia di riscossione.
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