È in corso a New York dal 10 al 12 luglio il secondo meeting internazionale nell’ambito del progetto “TFIEY Transatlantic Forum on Inclusive Early Years - Investire per lo sviluppo dei bambini che vivono in famiglie a basso reddito e/o immigrate”. Del progetto è partner italiano la Compagnia di San Paolo di Torino, con la collaborazione scientifica della Fondazione Zancan. Il progetto si propone di capire quali politiche, strategie, pratiche innovative possono incrementare le conoscenze e trasformarsi in servizi a favore dei bambini che vivono in famiglie a basso reddito, immigrati o che non hanno il necessario per crescere bene.
Il focus di questo nuovo incontro saranno i cambiamenti socio-demografici che stanno interessando la società, le sfide poste dalla crescente diversità nella popolazione e le conseguenti modifiche nella pratica didattica e nella professionalizzazione. Sarà l’occasione per condividere buone prassi nella formazione degli operatori e nel “reclutamento” di persone migranti per affrontare e gestire i cambiamenti che interessano la popolazione infantile.
Poter intervenire in modo efficace a sostegno dei bambini vulnerabili è di fondamentale importanza, soprattutto se si considerano le dimensioni del fenomeno. I dati a livello italiano, infatti, dimostrano che i bambini che vivono in famiglie straniere sono a maggior rischio povertà. Nelle famiglie con almeno uno straniero il 43,9% degli individui è a rischio di povertà relativa, diversamente dalle famiglie di soli italiani, in cui il rischio è molto più basso (17,4%). Il livello è ancora più elevato nelle famiglie di soli stranieri: quasi un individuo su 2 è a rischio di povertà relativa.
Secondo le stime dell’Istat, le famiglie con almeno un componente straniero si trovano più spesso in condizioni di grave deprivazione abitativa (nel 13,3% dei casi, contro il 4,7% delle famiglie italiane). Inoltre, le condizioni di deprivazione materiale riguardano circa un terzo delle famiglie con stranieri, che sperimentano anche una maggiore intensità della deprivazione.
Alla luce di questi dati, chi opera nella prima infanzia gioca un ruolo cruciale nel rendere i servizi più efficaci e inclusivi. È quindi fondamentale che i professionisti siano adeguatamente valorizzati. Lo afferma Maurizio Bonati, direttore del dipartimento di Salute pubblica all’istituto di ricerca "Mario Negri" nel suo intervento sulle possbili innovazioni nella formazione degli operatori. Sottolinea: “I primissimi anni di vita sono essenziali per garantire lo sviluppo fisico, emotivo, sociale e intellettuale. Quando si tratta di bambini in condizione di vulnerabilità, le azioni di sostegno devono iniziare precocemente per essere più efficaci. Povertà e migrazione, quando comportano effetti negativi sulla salute, incrementano l’esclusione sociale dei bambini e delle loro famiglie”. Vecchiato aggiunge che “I molti rischi di esclusione nella prima infanzia non sono però ai primi posti dell’agenda politica. Prevale la questione nidi, che è un’infrastruttura necessaria, ma non ci si chiede abbastanza come contrastare i rischi di esclusione, di isolamento, di segregazione proprio a partire dai primi anni di vita, negando invece speranza e possibilità di crescita”.