creato: 07 aprile 2014
TAGS: welfare non autosufficienza valutazione disabilita poverta immigrazione bullismo
È on line il numero 1/2014 di Studi Zancan. Cambiamento editoriale, stampa facilitata e grafica innovativa per agevolare la lettura e la diffusione dei contenuti.
L’articolo di Maria Bezze, Devis Geron e Tiziano Vecchiato: “La lotta alla povertà con soluzioni di welfare generativo” rientra tra le pubblicazioni in ricorrenza dei 50 anni della Fondazione Zancan.
Dall’inizio della crisi economica in Italia sono aumentate la disuguaglianza reddituale, la povertà (ha raggiunto nel 2012 i livelli massimi rilevati nelle ultime serie storiche) e la disoccupazione con ricadute particolarmente negative tra i giovani. In questo quadro, la spesa pubblica nel nostro Paese continua ad essere gestita come un «costo» e non come un «investimento» sociale.
Con la proposta del «welfare generativo» la Fondazione Zancan ha considerato la possibilità strategica di meglio valorizzare le capacità e potenzialità delle persone, superando la logica dei trasferimenti assistenziali. Un welfare generativo non si limita a raccogliere e redistribuire bensì rigenera le risorse, facendole rendere e responsabilizzando le persone, creando maggior valore per l’intera collettività.
Anna Ziliotto ci aiuta a riflettere sull’esperienza del trapianto, le percezioni del corpo, il rapporto con la malattia, i vissuti di chi ricomincia a vivere dopo essere stato sottoposto all’intervento. Attraverso un’esperienza etnografica in ambito clinico, svolta presso alcune strutture sanitarie del Veneto, vengono approfonditi gli aspetti e le rappresentazioni culturali legati all’acquisizione e alla perdita di parti del corpo vissuti fra coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nel mondo dei trapianti.
Simone Visentin nel suo articolo si sofferma sul rapporto tra valutazione di esito e disabilità complessa per ripensare i principi della care. Per il capability approach di Sen il benessere personale è dato dalla ricchezza di opportunità che una persona ha per poter fare ed essere ciò che reputa importante per lei. Quindi il processo di cura, e la valutazione di esito che lo caratterizza, deve saper allargare e supportare lo spazio di scelta della persona utente, promuovendo un adattamento creativo gratificante. Nel caso delle persone con disabilità complessa, essendo difficile comprendere il loro punto di vista, appare ancora più necessario ispirarsi a una logica compartecipata che, valorizzando le loro competenze espressive e decisionali, coinvolga nella definizione e nella verifica degli obiettivi di cura i familiari e i caregiver.
La monografia - di Maria Bezze, Devis Geron e Tiziano Vecchiato - è dedicata alle persone non autosufficienti in Veneto. Disabilità e non autosufficienza sono fenomeni che presentano una dimensione istituzionale, ma che ancor più riguardano la dimensione sociale. In un quadro nazionale di bisogni crescenti, anche la Regione Veneto si caratterizza per un considerevole fabbisogno di interventi per la non autosufficienza, destinati a crescere nei prossimi anni in conseguenza dei futuri cambiamenti socio-demografici. Al prevedibile aumento di domanda di assistenza si accompagneranno maggiori esigenze di spesa, sia pubblica che privata. Appare quindi necessario ricercare soluzioni innovative per un maggiore e migliore supporto alle persone disabili e non autosufficienti e alle loro famiglie.
Daniele Salmaso approfondisce il tema delle azioni generative dell’infermiere nel prendersi cura delle persone. In questo momento di severa crisi economica in cui i sistemi di welfare sono messi in discussione, appare sfidante lanciare un dibattito all’interno della professione infermieristica per valutare come questa possa essere generativa nel prendersi cura della persona. Da qualche mese è stato costituito un gruppo di ricerca infermieristica, che sta analizzando le azioni assistenziali che possono essere generative utilizzando l’approccio della «grounded theory». Le azioni identificate come generative potranno essere dapprima utilizzate per sperimentare attraverso la ricerca la loro efficacia e successivamente utilizzate dalle organizzazioni per ripensare modelli organizzativi congruenti.
Le riflessioni proposte da Maria Pia Fontana nascono dall’esigenza di stimolare il dibattito e il confronto sulla nuova fisionomia che le comunità di accoglienza per minori dovrebbero assumere in una dimensione interculturale. Sono necessari nuovi requisiti formali e strutturali dei servizi e un incremento delle sensibilità personali e culturali degli operatori.
Cosa si intende per bullismo? Chi sono le vittime e chi gli attori? A subire prepotenze sono soprattutto i maschi o le femmine? Sono più bulli gli italiani o gli stranieri? A partire dallo studio Crescere, Giulia Barbero Vignola e Giada Decimi offrono risposte a queste domande.