Emanule Rossi (Università di Sant’Anna di Pisa) entra nel dibattito sulla possibilità di far lavorare chi riceve un sussidio, così come ipotizzato dal ministro Poletti. “Strade percorribili, ma bisogna valutare bene che cosa far fare, con chi e in che modo”
Prende sempre più piede l’idea di una nuova forma di welfare, meno assistenzialistica, che coinvolga attivamente e renda partecipi le persone che ricevono aiuto. Il dibattito è aperto, anche grazie alla presa di posizione del ministro del Lavoro Poletti che a più riprese ha ribadito: “Nessuno a casa a fare niente”.
Dalle pagine di Repubblica recentemente il ministro ha parlato di “servizio comunitario” da parte di chi “riceve legittimamente un aiuto dalla comunità perché ha perso temporaneamente il lavoro”, come “distribuire i pranzi alla Caritas o assistere gli anziani”’.
È una possibilità non nuova, teorizzata e proposta ormai due anni fa dalla Fondazione Emanuela Zancan di Padova, che per prima ha parlato di “welfare generativo” (“Vincere la povertà con un welfare generativo”, 2012, il Mulino).
Per Emanuele Rossi, professore in diritto costituzionale e docente alla Scuola Sant’Anna di Pisa, “si tratta di un’idea che tende da un lato a recuperare risorse utili per favorire lo stesso sistema di welfare e, dall’altro, rende attivi i soggetti destinatari di interventi di welfare, consentendo loro di svolgere lavori a servizio di tutti e che diano valore alla loro stessa esistenza”. Non è, per Rossi, solo una questione di “lavoro obbligato”, ma di un lavoro “utile anche a chi lo fa”. Dalla teoria alla pratica, questo “servizio alla comunità” per l’esperto è fattibile, ma con alcune precauzioni: “Bisogna valutare bene che cosa far fare, con chi, in che modo - precisa Rossi -. L’importante, secondo me, è che si proceda in un’ottica non di lavoro ma di servizio, coinvolgendo non la pubblica amministrazione ma il terzo settore”.
Quel terzo settore che per Rossi è schiacciato tra due poli: “Da un lato il calo di risorse ha ridotto la sua capacità economica, dall’altro lato proprio a seguito della crisi economica è il settore maggiormente sottoposto a pressione, posto nella condizione di dover dare risposte nuove a bisogni emergenti. È un equilibrio difficile, che per ora regge ma a fatica”.
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