Dare la priorità ai bambini è il miglior investimento che si poteva fare

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creato: 23 novembre 2015

TAGS: welfare solidarieta infanzia poverta

Solidarietà tra generazioni?

C’è qualcosa nella legge di stabilità che forse prepara primavera. Le nostre politiche sociali sono vecchie e superate, con alti tassi di assistenzialismo. Dovranno interrogarsi sulla capacità di promuovere equità e giustizia. Danno tanto all’ultima fase della vita e troppo poco alla vita che nasce e cresce. A infanzia e famiglia va solo l’1,2% di Pil (Eurostat 2012, rispetto ad una media UE del 2,4%). Si riduce allo 0,2% del Pil se consideriamo le sole risorse destinate ai servizi per infanzia e famiglia. Ad esempio, per i servizi comunali rivolti ai bambini 0-3 anni, il valore si avvicina allo 0,1% del Pil. Sempre secondo Eurostat, la spesa totale di welfare per gli anziani nel 2012 raggiungeva il 15% del Pil, più di 3 punti percentuali della media europea. Più la vita ha bisogno di crescere, meno generosa è la solidarietà tra generazioni.

Disugualmente poveri

È giusto o sbagliato? Certamente non è equo. Nel 2014 il 10% dei minori italiani si trovava in condizioni di povertà assoluta rispetto al 4,5% degli anziani. I pensionati integrati al minimo, pur disponendo di patrimoni, ricevono assistenza per diritto senza necessariamente averne bisogno, sottraendo da 1 a 2 miliardi di euro (a seconda della soglia di calcolo) ai bambini poveri. La legge di stabilità prova a mettere in discussione questa situazione. Molti dei beneficiari di tutele sociali sono nonni che non danno voce politica ai diritti dei loro nipoti. Il nostro paese sceglie finalmente di lottare contro la povertà dei bambini. È giusto e necessario dare il massimo alla vita che nasce e ha bisogno di crescere bene. Lo facciamo quando portiamo aiuti nel sud del mondo. Ma a casa nostra permane un rischio: “Erode fra noi”. Possiamo dirlo insieme con Alfredo Carlo Moro. Ha speso una vita per i diritti incompiuti dell’infanzia. Ha usato questa espressione per denunciare le violenze a danno dei più piccoli. Le istituzioni non ne sono esenti, mentre molti genitori si tolgono il pane di bocca per darlo ai figli. Sono la loro speranza di vita. Perché non fare così anche su scala sociale?

Un futuro da non evitare

L’art. 31 della bozza di legge di stabilità ci prospetta un’inedita attenzione alle famiglie povere con figli, precisando che non si tratta di trasferimenti assistenziali aggiuntivi a quelli esistenti ma lotta alla povertà. Abbiamo perso 15 anni sul se e come trasferire aiuti economici ai poveri, senza aiutarli ad uscire dalla povertà, con risultati inconsistenti. Nelle previsioni della legge di stabilità ci saranno trasferimenti “bonificati”. Se nel 2001 fosse stata attuata la delega “ad emanare, entro centottanta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della presente legge, …  un decreto legislativo recante norme per il riordino degli assegni e delle indennità spettanti ai sensi delle leggi …” (Art. 24 L. 328/2000), non avremmo avuto bisogno di ripartire da un passato ancora presente. Se il 2016 sarà un anno di bonifica, nel 2017 forse potremo vedere qualcosa di nuovo: un welfare capace di scelte più giuste e generose verso i più deboli.

Fonte: Rubrica Welfarismi di Tiziano Vecchiato, Vita, novembre 2015

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