1.

Premio «Teologia della carità e solidarietà» in memoria di mons. Nervo e mons. Pasini

«Teologia della carità e solidarietà» è il premio istituito e promosso da Caritas Italiana, Segreteria della CEI, Diocesi di Padova e Fondazione Emanuela Zancan onlus, in memoria di mons. Giovanni Nervo, fondatore e primo presidente di Caritas Italiana, e di mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini, che di mons. Nervo è stato prima collaboratore e quindi successore per due mandati alla direzione di Caritas Italiana.

Il Premio vuole ricordare il notevole apporto che mons. Nervo e mons. Benvegnù-Pasini hanno dato agli organismi Caritas Italiana e Fondazione Emanuela Zancan da loro presieduti e il loro impegno a promuovere lo studio delle tematiche concernenti la carità e la solidarietà in ambito ecclesiale e civile. Doppia la finalità del riconoscimento: promuovere la ricerca universitaria su tematiche attinenti all’ambito della carità nei risvolti teologico-pastorali, sociali e civili, e onorare l’opera e il pensiero di mons. Nervo e di mons. Pasini, sostenendo l’insegnamento e la riflessione sulla carità e sulla solidarietà all’interno delle realtà formative universitarie.

Il Premio avrà la forma di due borse di studio e di ricerca post-laurea del valore complessivo di 30 mila euro, grazie a un fondo a cui concorrono CEI, Diocesi di Padova e Caritas Italiana.

La presentazione ufficiale e nazionale del Premio si è tenuta a Padova, nell’Aula Magna della Facoltà Teologica del Triveneto, venerdì 8 maggio.

Ha visto la partecipazione e il saluto di mons. Luigi Bressan, presidente di Caritas Italiana; don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana; don Rocco Pennacchio, economo della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Antonio Mattiazzo, vescovo della Diocesi di Padova; Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione E. Zancan; mons. Roberto Tommasi, preside della Facoltà Teologica del Triveneto.

Ai saluti è seguita una rivisitazione dei profili di mons. Giovanni Nervo e mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini con un video e la relazione di Domenico Rosati. Quindi don Andrea Toniolo, responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Conferenza episcopale italiana, ha illustrato il bando del premio «Teologia della carità e solidarietà».

2.

Famiglie fragili e figli a rischio evolutivo

L’esigenza di intervenire verso le famiglie con carenze nell’accudimento dei figli impegna molto i servizi, arrivando anche a contrapporre gli interessi dei figli a quello dei genitori.

Gli studi recenti sollecitano la necessità di sviluppare ricerca e sperimentazione di nuovi interventi ‘per tutta la famiglia’ a garanzia di maggior tutela dei bambini e ragazzi che sono in situazioni di rischio evolutivo.

La giornata di studio promossa il 21 maggio dal Consultorio Familiare Ucipem Trento è stata un’occasione di confronto clinico e di approfondimento interdisciplinare su un modello d’intervento centrato sui bisogni del figlio, ma rivolto a tutto il nucleo familiare, con una presa in carico del sistema ‘bambino con i suoi legami’.

La presentazione dei 10 anni di attività del Progetto Pinocchio ha permesso di esaminare il modello nella sua applicazione clinica e analizzare dati quantitativi e qualitativi dell’intervento rivolto a situazioni familiari inviate dai servizi sociali perché ritenute carenti nella gestione dei figli.

Il seminario ha approfondito la tematica dei legami di attaccamento, focalizzandola in particolare sulle situazioni familiari compromesse.

Ha permesso di avviare una riflessione nell’ambito innovativo della valutazione di efficacia degli interventi che si fanno nell’area della tutela e di cominciare a riflettere sugli esiti degli interventi fatti e sulle condizioni per essere efficaci. Un contributo utile a migliorare l’intervento professionale in quest’area complessa delle politiche sociali.

Tra i docenti del seminario: Tiziano Vecchiato, Roberta Bommassar, Francesca Dossi, Maria Vittoria Malossini, Katiuscia Marotta, Valeria Matacotta, Daniela Pisoni, Vanda Scopel.

3.

Teorie e metodi del welfare generativo

Il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento ha organizzato il corso «Nuove strategie di risposta per nuovi disagi sociali: welfare generativo e innovazione dei servizi sociali» che, attraverso cinque giornate formative, approfondisce alcuni elementi di criticità dell’attuale sistema di welfare.

Martedì 19 maggio Tiziano Vecchiato ha trattato il tema «Teorie e metodi del welfare generativo».

Trasformare le risposte ai bisogni sociali da costo a investimento è possibile realizzando il passaggio da un welfare assistenziale a un welfare generativo di capacità umana e sociale. Si attiva investimento quando non ci si limita a erogare risorse, ma si investe per rigenerarle, farle rendere, responsabilizzando chi le riceve a produrre valore sociale. Solo in questo caso la spesa assistenziale, pubblica e privata, può contribuire allo sviluppo sociale, misurabile in termini di integrazione, di occupazione di welfare, di socialità inclusiva. È quindi necessario cambiare

prospettiva, connettendo le strategie con gli esiti e valutando l’impatto sociale. Richiede un profondo riassetto delle capacità amministrative e tecniche. Ma è una sfida possibile: diverse amministrazioni locali e organizzazioni del terzo settore l’hanno raccolta e stanno iniziando ad affrontarla.

Sono già stati affrontati i seguenti argomenti: «nuove strategie di rilevazione e risposta al disagio sociale: welfare generativo e innovazione dei servizi sociali» (a cura del dott. Gino Mazzoli, 6 maggio); «i servizi sociali in una realtà che cambia» (a cura della dott.ssa Francesca Paini, 12 maggio). Il 26 maggio la dottoressa Augusta Nicoli parlerà di «integrazione tra servizi pubblici e privati: esperienze e opportunità messe in atto della regione Emilia Romagna». Il dott. Alberto Zanutto concluderà il 3 giugno sul tema «Welfare tradizionale e welfare generativo: una sintesi».

4.

Il progetto Tfiey: understanding and combating poverty

Il progetto TFIEY-Transatlantic Forum on Inclusive Early Years é stato uno dei protagonisti dell’evento «Philantropy: visions and energy for change» nella 26° conferenza annuale EFC (European Foundation Centre) che si è svolta a Milano dal 20 al 22 maggio.

La sessione di mercoledì 20, dal titolo «Understanding And Combating Poverty» era dedicata al contributo che le fondazioni possono dare ai sistemi di tutela ed educazione per la prima infanzia e al loro ruolo nella promozione di equo accesso e inclusione per tutti i minori.

Daniela Del Boca (Università di Torino e CHILD) ha intervistato Stefan Schaeffers della King Baldouin Foundation (Belgio), Muriel Lagenberger della Jacob Foundation (Svizzera), Cinzia Canali della Fondazione Zancan e Maurice Crul della VU University di Amsterdam, che collabora con la Fondazione Bernard Van Leer (Olanda). Durante il dibattito è stata presentata la difficile situazione dell’infanzia nei diversi paesi ma sono state anche evidenziate possibili vie d’uscita emerse dal confronto a livello internazionale.

Il contesto economico ha avuto un impatto molto negativo sulle possibilità di investimenti pubblici in questo settore e, in questo quadro, a pagare il prezzo maggiore sono i bambini provenienti da famiglie migranti o svantaggiate. È questo l’ambito di azione di TFIEY. Il progetto nasce dalla convinzione che investire nella prima infanzia, con particolare attenzione ai bambini in famiglie a maggiore rischio di esclusione, significa garantire nel tempo un maggior benessere: migliori opportunità di accesso all’educazione, maggiori potenzialità economiche e lavorative, comportamenti di cittadinanza e genitorialità responsabili.

Eventi internazionali come questo sono molto importanti per la loro capacità di rimettere al centro il tema delle disuguaglianze che penalizzano l’infanzia, in Italia e non solo. Il confronto fino ad ora è avvenuto all’interno dei forum internazionali. Questa occasione amplia ancora di più la platea e consente di meglio affrontare i problemi e le possibili soluzioni grazie all’apporto di nuovi paesi e quindi nuovi punti di vista. Si potranno così aprire potenziali per innovare le politiche e le risposte per l’infanzia.

5.

Welfare oggi? Il ruolo del servizio sociale

Il Consiglio Regionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Lazio, d’intesa con il Consiglio Nazionale, ha deliberato il conferimento dell’onorificenza di «Presidente Emerito», all’assistente sociale Paola Rossi (primo Presidente dell’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali), per l’impegno constante, la passione con la quale ha svolto la professione e per l’impulso fondamentale dato all’istituzione dell’Ordine.

La consegna dell’onorificenza è avvenuta in un incontro dibattito sul tema: «Welfare oggi? Il ruolo del servizio sociale» (14 maggio). Sono stati invitati a discuterne con Paola Rossi:

  • Germano Bertin, Caporedattore di «Etica per le professioni»
  • Jean Marie Del Bo, Caporedattore de «Il Sole 24 ore»
  • Giuseppe De Rita, Presidente del «Censis»
  • Guido Melis, Presidente della «Sostoss»
  • Silvana Mordeglia, Presidente del Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali
  • Tiziano Vecchiato, Direttore della «Fondazione Zancan»

Hanno partecipato per Roma Capitale:

  • Francesca Danese, Assessore alle «Politiche sociali, salute, casa ed emergenza abitativa»
  • Maria Gemma Azuni, Vice Presidente Vicaria dell'Assemblea Capitolin

Giovanna Sammarco, Presidente dell’Ordine Assistenti Sociali del Lazio, ha introdotto la giornata.

Chiara Caprini, Coordinatrice della Commissione «Formazione» dell’Ordine Assistenti Sociali del Lazio, ha moderato i lavori.

6.

Rigenerarsi in tempo di crisi. Le potenzialità del welfare generativo

La crisi economica è sempre più anche una crisi di relazioni. Alle povertà materiali, che toccano un numero crescente di persone, tra cui molti, troppi bambini, si aggiungono le povertà invisibili, immateriali che riguardano un numero imprecisato di persone ma senz’altro maggiore del primo. Incertezza, diffidenza, solitudine, precarietà caratterizzano tutti i gruppi sociali, non solo i meno abbienti. E poiché le risorse diminuiscono, occorre un ripensamento delle politiche sociali sulla base di un diverso incontro tra diritti e doveri, per passare dalla logica del costo a quella dell’investimento. Occorre cioè un welfare in grado di rinnovare le proprie risorse, non solo economiche ma anche e soprattutto umane, capace di rigenerare un sistema di solidarietà in profonda crisi di fiducia.

Il convegno «Rigenerarsi in tempo di crisi. Le potenzialità del welfare generativo» (4 maggio) promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha affrontato questi temi con l’aiuto di importanti esperti nel campo, tra cui: Tiziano Vecchiato, Barbara Barabaschi, Stefano Cugini, Anna Maria Fellegara, Vanna Iori, Gino Mazzoli, Elisabetta Musi, Luigi Pati, Francesco Timpano.

7.

Indagine nazionale sui bisogni dei bambini poveri 0-6 anni

Nell'ambito del progetto TFIEY la Fondazione Zancan ha avviato un'indagine nazionale rivolta ai pediatri di famiglia. Obiettivo dello studio è analizzare le condizioni di bisogno dei bambini 0-6 anni e comprendere quali possono essere gli interventi più utili per affrontare le condizioni di disagio, in particolare per quelli che vivono in famiglie a basso reddito e/o immigrate.

La Società Italiana di Pediatria (SIP) promuove questo importante progetto e invita tutti i pediatri di famiglia a compilare un breve questionario on line, collegandosi al sito

http://survey.fondazionezancan.it/index.php/871341/lang-it

Saranno informazioni utili per capire come rafforzare i servizi esistenti e come migliorare le condizioni di vita dei bambini in difficoltà e delle loro famiglie nonché quali strategie i pediatri possono attivare in collaborazione con gli altri servizi.

TFIEY è un forum composto da ricercatori, esperti, operatori, decisori politici europei, statunitensi e canadesi sul tema delle politiche per lo sviluppo dell’educazione e della cura della prima infanzia (0-6 anni). Il focus è l’investimento nella prima infanzia, con particolare attenzione ai bambini delle famiglie a maggiore rischio di esclusione (famiglie migranti o in condizioni di vulnerabilità).

Nel sito tfieyitalia.org sono disponibili ulteriori informazioni sul progetto TFIEY, si possono scaricare i quaderni e altri materiali per approfondire l'argomento.

Per ulteriori informazioni contattare:

Fondazione Emanuela Zancan – Centro Studi e ricerca sociale

dott.ssa Giulia Barbero Vignola, tel. 049 663800

e-mail: giuliabarbero@fondazionezancan.it

8.

Sistemi integrati: nuove frontiere per i servizi all’infanzia

È on-line e scaricabile gratuitamente Idee condivise n. 5 «Sistemi integrati: nuove frontiere per i servizi all’infanzia». La pubblicazione rientra nel progetto Transatlantic Forum on Inclusive Early Years e raccoglie tutti i contributi portati al seminario nazionale sul tema «Sistemi integrati: nuove frontiere per i servizi all’infanzia». Il seminario, organizzato da Compagnia di San Paolo, Fondazione Emanuela Zancan, Fondazione Cariplo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione CON IL SUD, si è svolto a Roma nei giorni 13 e 14 gennaio 2015, con la presenza di diversi onorevoli impegnati nell’area infanzia ed esperti provenienti dai settori sociali, sanitari, educativi e dal mondo della ricerca.

La pubblicazione è suddivisa in 4 sezioni: contributi elaborati da referenti delle istituzioni centrali, contributi dal livello regionale e comunale, contributi del mondo solidale e contributi dall’area professionale. Ne esce una visione a 360 gradi sull’integrazione nel nostro paese per i bambini più piccoli: i contributi evidenziano le zone d’ombra e le criticità ma anche le esperienze positive in corso di attuazione.

Idee Condivise n. 5 alimenta la Biblioteca del Tfiey che conta ormai oltre 10 pubblicazioni scaricabili dal sito tfieyitalia.org o www.fondazionezancan.it.

9.

PersonaLab, il misuratore d’impatto delle politiche sociali

Spostare l’attenzione dal processo per concentrarsi sul prodotto. Un cambio di marcia che applicato ai servizi sociali, presuppone la creazione di un misuratore affidabile in interventi per natura multidimensionali e multidisciplinari. Un misuratore che da qualche tempo non solo ha un nome, PersonaLab, ma anche una sorta di certificazione di qualità, considerando che la Regione Toscana, che già lo utilizza in 16 ambiti territoriali sociosanitari su 34 (compresi i servizi sociali di città rilevanti, come Firenze, Livorno e Pistoia), sta progettando di estenderne la sperimentazione. Oltre alla Toscana il percorso però è stato già testato anche in Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Piemonte e in Veneto. A brevettarlo è stata la Fondazione Zancan con un gruppo di lavoro guidato dalla ricercatrice e responsabile dei progetti internazionali, Cinzia Canali. ‘Il nostro è un applicativo web che permette di adottare una metodologia rigorosa di valutazione e monitoraggio degli interventi sociali, in Toscana lo usano per i minori, ma gli stessi criteri possono venir applicati al campo degli anziani o dei disabili’, spiega la Canali.

Imparare a farsi le domande giuste

Qual è la natura del problema? Cosa osservo in questo momento? Quali sono gli obiettivi e i risultati che mi attendo? Qual è la strategie che voglio mettere in campo per favorire un cambiamento? Sono queste le domande cardinali ‘che tutte le figure coinvolte sono costrette dal nostro dispositivo a porsi - in media ogni tre mesi - in modo da verificare eventuali progressi o fallimenti’. Non solo. Ogni fotografia deve essere personalizzata. ‘Le faccio un esempio per chiarire meglio’, continua Canali, ’poniamo di avere in carico due ragazzi difficili e che per entrambi l’obiettivo sia quello di ridurne l’aggressività. Il primo però la sfoga sugli altri, il secondo invece la interiorizza. Se per entrambi misurassimo la diminuzione degli episodi di violenza nei confronti dei compagni, avremmo un dato affidabile solo per il primo, ma nessun indicatore affidabile per il secondo. Del quale invece avremmo dovuto misurare il numero di volte che ha sbattuto i pugni sul banco. In questo senso PersonaLab garantisce una certa affidabilità proprio in virtù della sua flessibilità’. Il meccanismo oltre a fornire dati oggettivi e comparabili, ‘implica un coinvolgimento significativo da parte degli operatori stessi che sono costretti a mettersi in rete, a confrontarsi con le famiglie, ma soprattutto a valutare il loro lavoro e in taluni casi anche a proporre modalità di intervento diverse al fine di migliorare gli esiti’.

Un nuovo protagonista degli operatori

Lorella Baggiani è la funzionaria dell’Area tutela minori della Toscana che ha seguito fin dall’inizio il progetto. ‘Siamo partiti nel 2010 su un’iniziativa finanziata dal ministero del Welfare, due anni dopo, una volta conclusa questa prima fase, abbiamo deciso di dare continuità all’intervento’. Questo grazie a un contributo di 192mila euro della stessa Regione. ‘Così sono stati coinvolti circa 130 operatori (in maggior parte assistenti sociali, ma anche psicologi, neuropsichiatri infantili, educatori e insegnanti) che hanno lavorato su 140 casi di famiglie di minori in difficoltà’. ‘Ragazzi’, precisa la Baggiani, ‘che stanno in quell’area grigia che  precede la vera e propria emergenza dei fuori famiglia (in Toscana gli affidamenti in corso sono 1.115 a cui si aggiungono 686 minori in comunità, ndr.) e che per questo sono storicamente meno visibili ai servizio sociali’. ‘PersonaLab’, conclude invece la funzionaria toscana, ’ci consente una migliore presa in carico di questa tipologia di soggetti’.

Fonte: articolo di Stefano Arduini su Vita, aprile 2015.

10.

Conciliazione non può essere sostantivo solo femminile

Le donne occupate in rapporto alla popolazione femminile 20-64enne in Italia sono il 49,9% (dato Istat 2013). In Svezia sono il 77,2%, in Danimarca il 72,4%, in Olanda il 71,6%, in Grecia al 43,3%. Per la lingua italiana la parola «conciliazione» è sostantivo femminile. Si è pensato che il lavoro andasse a scapito della fecondità: meno lavoro più figli. Ma in Europa le occupate hanno più figli delle casalinghe. Con più donne al lavoro avremmo un incremento «diretto e indiretto» del Pil. Alla produttività si aggiungerebbe la domanda di servizi per l'infanzia e la famiglia. Conviene quindi che le donne lavorino, con servizi che moltiplicano questa convenienza.

Purtroppo il cerchio del ragionamento si chiude da anni sui nidi, come se il dibattito trentennale sulla conciliazione fosse risolvibile così. Le famiglie sostengono quasi il 20% della spesa pubblica complessiva per accedere ai servizi 0-3, in questo modo vengono discriminati i più poveri. In un welfare tradizionale si ritiene che il vantaggio sia solo per la donna. Ma non è un segreto che la socializzazione precoce dei bambini 0-3 comporti vantaggi notevoli per loro, soprattutto quando saranno più grandi: i più poveri con un'alimentazione migliore possono crescere meglio mentre tutti avranno maggiori attivazioni cognitive e relazionali, sviluppando curiosità, linguaggio, esplorazioni... in spazi di vita meno confinati della propria casa. I guadagni sono stati misurati con il rendimento alle elementari, nei cicli scolastici successivi e nella migliore occupabilità.

Ma allora perché continuare a vedere la «conciliazione» come «sostantivo femminile»? C'è chi si ostina a pensare ai servizi per l'infanzia come surrogato delle cure materne. C'è chi pensa che la partita del potere tra i generi si giochi così. Ma i congedi stanno diventando «bisessuati». Resta però la questione dei livelli retributivi: in Italia le donne percepiscono salari più bassi degli uomini, hanno meno possibilità di carriera, sono più esposte ai lavori precari. Il sostegno al reddito dei lavoratori con figli vale circa 6,5 miliardi di euro. Sono trasferimenti non collegati a servizi. È un classico esempio di welfare degenerativo perché il capitale investito non rende quello che potrebbe. Abbiamo stimato che 1,5 miliardi trasformati in servizi darebbero 40mila nuovi posti di lavoro, cioè meno povertà familiare e più lavoro femminile. Negli ultimi anni molte donne con figli sono diventate povere a seguito della separazione. Nel contempo alcune esperienze di contrattazione integrativa stanno offrendo soluzioni vantaggiose.

È eccessivo chiamarlo «secondo welfare», visto che è una diversa remunerazione del lavoro, a rendimento per i lavoratori e le imprese. Queste ultime lo ammettono: con «flessibilità organizzativa» il lavoro funziona meglio e la crisi fa meno paura. Ma la pubblica amministrazione resiste con lavori schiacciati dalle procedure e con un assenteismo ingiustificato. Anche il non profit è scoraggiato da accreditamenti che impediscono nuovi modi di intendere il lavoro di chi ha figli piccoli.

Perché allora non chiediamo alla conciliazione di indicarci nuove strade, «rendimento condiviso»? Un grande ostacolo viene dal «curare e prendersi cura». Molte donne dopo i figli piccoli hanno i genitori anziani da curare. È un enorme problema sociale ed economico. Nel Veneto (con 5 milioni di abitanti) la spesa pubblica (sanitaria e sociale) per la non autosufficienza è arrivata a 1,6 miliardi. Quella privata oscilla tra 1,3-1,5miliardi. Insieme parlano di un'economia di welfare «sommersa», valorizzabile favorendo conciliazione e occupazione per curare e prendersi cura. È cioè un potenziale a disposizione per l'occupazione di welfare, conciliando le esigenze di tutti, anche quelle fiscali. Ma è necessario passare dalla «conciliazione del lavoro» alla «conciliazione dell'economia dei servizi», quelli alle persone, per rigenerare fiducia e valore economico «diretto e indiretto».

Fonte: Rubrica Welfarismi di Tiziano Vecchiato su Vita, aprile 2015.

11.

Strumenti di lavoro

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12.

Seminari formativi

Comunicare è crescere, Malosco Tn, 12-15 luglio 2015. È formazione attiva: si inizia con una selezione di problemi (casi di studio), si forniscono linee guida e indicazioni operative per attivare e gestire le relazioni con la stampa e i mezzi di informazione. Per informazioni: segreteria@zancanformazione.it - Tel. 049663800

Prospettive di welfare generativo, Malosco Tn, 1-4 luglio 2015. Fornisce il quadro teorico di riferimento e approfondisce modalità e strumenti per realizzare azioni di welfare generativo e misurarne gli impatti. Sono stati richiesti crediti formativi per assistenti sociali. Per informazioni: welfaregenerativo@fondazionezancan.it - Tel. 049663800

13.

5 buoni motivi per donare alla Fondazione Zancan

Perché donare alla Fondazione Emanuela Zancan? Ecco 5 buoni motivi!

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  • È in prima linea nella lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.
  • Sperimenta strumenti e soluzioni innovative per promuovere l’efficacia degli interventi.
  • Divulga conoscenze e promuove dibattiti culturali sui temi caldi del cambiamento sociale.
  • Le parole chiave che caratterizzano le sue attività: centralità della persona, umanizzazione dei servizi, integrazione, valutazione, efficacia, impatto sociale.

5 buoni motivi, e altrettanti modi per donare

1. 5xmille: codice fiscale 00286760285

2. CC postale: IBAN IT72VO760112100000012106357

intestato a Fondazione Emanuela Zancan onlus Centro Studi e Ricerca Sociale

3. CC bancario: IBAN (Banca Prossima) IT77P0335901600100000062910

intestato a Fondazione Emanuela Zancan onlus Centro Studi e Ricerca Sociale

4. Donazione con carta di credito: telefonando allo 049663800

oppure on line sul sito www.fondazionezancan.it

5. Bonifico permanente (RID): telefonando allo 049663800

Le donazioni in denaro e in natura fatte alla Fondazione «Emanuela Zancan» onlus sono deducibili nel limite del 10% del reddito dichiarato, nella misura massima di 70.000,00 euro annui art. 14, c. 1, Decreto legge n. 35 del 2005, convertito nella Legge n. 80 del 2005; circolare Agenzia delle entrate n. 39 del 19.08.2005.

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