1.

Studio Crescere: conclusa la 2° annualità

Sono stati presentati il 28 settembre i principali risultati della seconda annualità del progetto Crescere, uno studio sugli adolescenti padovani realizzato dalla Fondazione Emanuela Zancan nella provincia di Padova e nel comune di Rovigo, grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e dell'Ulss 16, che ha avviato i «bilanci di salute» a cura del Centro di Medicina dello Sport e delle Attività Motorie.

Iniziato nel 2013 su un campione di circa 500 ragazzi che allora avevano 11-12 anni, lo studio li ha accompagnati in questi due anni monitorando le condizioni di crescita e di sviluppo verso l’età adulta a livello fisico, relazionale, emotivo, delle capacità e delle aspettative di vita. Il progetto, che proseguirà fino al compimento del 18° anno di età, consentirà di capire come si studia, si cresce, si affrontano i compiti di sviluppo, si vive in famiglia, si gestiscono i problemi di apprendimento e di salute, come ci si prepara al lavoro, come si partecipa e si diventa grandi. Di seguito una sintesi dei risultati.

Tra le attività del tempo libero, lo sport riveste un ruolo dominante tra i ragazzi di 13 anni. 8 su 10 praticano un qualche tipo di attività sportiva. Altrimenti trascorrono il tempo in casa, da soli o con amici. Solo 1 su 5 fa qualche attività di volontariato durante l’anno.

Internet e tv. Più di 3 ragazzi su 4 guardano la tv tutti i giorni (78%), con una media di 1 ora e 50 minuti al giorno (+15 minuti al giorno rispetto all'anno scorso). Il 34% usa il computer/tablet tutti i giorni, in media circa un’ora al giorno. L’uso è in aumento: l’anno scorso usava il computer tutti i giorni il 21% del campione e il tempo medio di utilizzo era 45 minuti al giorno. Più di 3 ragazzi su 4 si collegano a internet tutti i giorni (78%): 8 su 10 si collegano tramite smartphone. Navigano in media 1 ora e 30 minuti al giorno. 1 su 3 naviga libero, senza limiti di tempo o restrizioni di siti in cui non può andare.

1 tredicenne su 3 ha un profilo Facebook (34%) e il 18% lo guarda tutti i giorni o quasi. La proporzione rispetto all’anno scorso è aumentata (erano il 20% di cui il 10% tutti i giorni). Ancora pochi a 13 anni usano Twitter, solo il 12%. È comunque una tendenza in crescita (un anno prima erano solo il 4%). Più di un ragazzo su 3 dice di aver accettato l’amicizia in internet da persone che non conosce (37%). 1 su 5 dice di aver ricevuto almeno una volta foto/video di amici in atteggiamenti «provocanti». Il 6% dei ragazzi a 13 anno ha giocato almeno una volta con giochi online in cui si vincono/perdono soldi.

Relazioni con i genitori. Per più della metà dei ragazzi (53%) a 13 anni è «facile/molto facile» parlare con il padre di cose che li preoccupano veramente. Il dialogo con la madre risulta ancora più agevole: per il 75% è «facile/molto facile». Emerge dunque un quadro positivo del rapporto genitore-figlio, anche se da un anno all’altro le proporzioni sono diminuite: a 12 anni il dialogo con la madre era agevole nell’80% dei casi, con il padre il 61%.

Benessere a scuola. Il rapporto con la scuola in genere è positivo e i dati della seconda annualità lo confermano. A 13 anni la scuola piace a 7 ragazzi su 10 (piace molto a 1 su 10, «abbastanza» a 6 su 10). Per alcuni, però, la scuola è anche fonte di stress: 1 ragazzo su 10 si sente molto stressato, 3 su 10 «abbastanza». Il rapporto con i compagni di classe è positivo, il rapporto con gli insegnanti è invece più critico e da un anno all’altro la fiducia verso gli insegnanti è diminuita. A 12 anni la maggioranza degli studenti valutava in modo positivo i propri insegnanti: il 69% dichiarava di sentirsi trattato in modo giusto (soltanto il 12% non era d’accordo). Oggi, a 13 anni, gli stessi ragazzi sono più critici: il 56% pensa di essere trattato nel modo giusto e la percentuale di disaccordo sale al 18%.

Autostima. In generale, i ragazzi hanno un buon livello di autostima e fiducia nelle proprie capacità. 9 ragazzi su 10 pensano di avere un certo numero di qualità e di valere almeno quanto gli altri. 8 su 10 inoltre hanno un atteggiamento positivo verso se stessi e complessivamente si sentono soddisfatti di quello che sono.

È stato anche chiesto ai ragazzi quanto sono soddisfatti della loro vita. Il primo anno le risposte dei ragazzi sono state molto positive: il 77% ha espresso giudizi pienamente positivi, il 23% si collocava in una fascia intermedia e meno dell’1% si dichiarava infelice. A distanza di un anno, le proporzioni sono cambiate. La percentuale di ragazzi pienamente soddisfatti passa dal 77% a 12 anni al 67% a 13 anni. I ragazzi completamente scontenti della loro vita sono ancora una piccola minoranza (1,4%), ma comunque si tratta di una proporzione in crescita (l’anno scorso era appena lo 0,4%) e probabilmente sarà destinata ad aumentare. Lo scopriremo nei prossimi anni.

Questi dati ci dicono che crescere bene oggi è possibile, a dispetto degli allarmismi che ci fanno pensare il contrario. I ragazzi sono felici di essere ascoltati. Noi vorremmo che questo studio diventasse una vera opera sociale. Offre informazioni che sono a disposizione degli adulti che hanno a cuore la crescita positiva, a partire dalle scuole.

Le informazioni raccolte ci consentono di leggere la realtà dei giovani di oggi, ma soprattutto ci rendono consapevoli che il futuro si costruisce dal presente e che su questo presente dobbiamo lavorare. Sono dati rassicuranti, dal momento che non evidenziano criticità particolari nei nostri adolescenti, ma mettono anche in evidenza quanto siano delicati il passaggio verso l'adolescenza e i primi incontri con le difficoltà della vita.

Per informazioni: www.crescerebene.org

2.

Perché Cameron perderà la battaglia contro l'assistenzialismo

Con la fine dell'assistenzialismo i sistemi di welfare potrebbero veramente cambiare? Quelli descritti nei testi di studio affidavano all'Europa settentrionale il compito di essere fiscalmente universali, a quelli centrali di essere «mediani» cioè un po' fiscali e un po' mutualistici, a quelli mediterranei di essere un po' pubblici e un po' sussidiari, in pratica «familisti». Proprio così, con una sottile vena di pregiudizio per la famiglia, che non è di per sé mediterranea, visto che coltiva la vita in ogni latitudine. La scienza novecentesca non ha seguito criteri logici per differenziare i sistemi. Modalità di raccolta fondi, regole di redistribuzione, criteri di accesso... sono rimasti criteri osservazionali e non sono diventati sintassi per discriminare le capacità «pubbliche e sociali» di governare il rapporto tra bisogni, risorse, diritti e doveri. Ad esempio in Spagna la quota fiscale sanitaria è sotto il 75%, molto più simile alla Gran Bretagna che al nostro Paese.

Un nuovo welfare è possibile?

Al grido di «basta assistenzialismo!» non è la prima volta che dalla Gran Bretagna arrivano annunci salvifici: terza via, big society e ora «zero assistenzialismo». Ma come? Semplice: obbligare i disoccupati a corsi intensivi di tre settimane non retribuiti. Chi rifiuta perde gli aiuti di welfare. È il piano antidisoccupazione di Cameron, sperimentale in Cumbria e nello Yorkshire, che sarà pienamente operativo nel 2017. I giornali britannici lo definiscono «work boot camp»: chi dai 16 ai 21 anni chiede l'assegno di disoccupazione dovrà frequentare «Intensive Activity Programme-IAP» per imparare a compilare un curriculum, gestire colloqui e tecniche di ingresso nel lavoro. Matthew Hancock, ragioniere generale dello Stato, sintetizza così il progetto: «Stroncare la welfare-dipendenza e impedire che si trasmetta da una generazione all'altra» con «severità e senza scuse». L'orizzonte? Ridurre la spesa per sicurezza sociale ora di circa 210 miliardi di sterline.

L’aiutato non rispettato finirà per odiare chi lo aiuta?

Purtroppo siamo lontani dalle proposte di welfare generativo. La cultura tradizionale di welfare non tiene conto che l'attivazione prescritta è un esercizio di potere «proprietario e non condiviso» di risorse pubbliche. Non può «condizionare» le persone e pretendere di riuscirci «senza di loro». Lo confermano le sperimentazioni iniziate con il reddito minimo di inserimento dal 1998 ai giorni nostri. Persiste una cultura assistenzialista nelle amministrazioni che erogano risorse senza attivazioni reali ma soltanto burocratiche. È uno scambio disuguale, condizionato dal potere di chi ha le risorse e dalla debolezza di chi ne ha bisogno. Viene così bypassata la dignità delle persone, la loro capacità di concorso al risultato, la corresponsabilità sugli esiti, evitando l'incontro tra la responsabilità di chi aiuta e la responsabilità di chi è aiutato. Siamo cioè lontani dai potenziali del welfare generativo. Chi sperimenta la beneficienza istituzionale prescrittiva e senza rispetto finirà per odiare chi esercita il potere in questo modo.

Rubrica Welfarismi di Tiziano Vecchiato, Vita settembre 2015

3.

Affido: confronto internazionale

Ottava conferenza dell’International Foster Care Research Conference a Siegen: due giorni dedicati al tema dell'affido, durante i quali si sono confrontati esperti da paesi europei ed extraeuropei, che hanno presentato i risultati delle loro ricerche. Punto di partenza è la consapevolezza che non si può parlare di una «unica» forma di affido, ma di varie «forme» di affido.

È da questa constatazione che la conferenza di Siegen ha affrontato il tema «development». L’affido ha in sé la parola chiave «sviluppo»: i bambini crescono e si sviluppano all’interno delle esperienze di affido e lo stesso accade a coloro che hanno concluso questa esperienza. È necessario quindi considerare gli sviluppi dell’affido in un mondo che cambia.

È evidente ormai che i bambini coinvolti in percorsi di affido non sono (solo) vittime ma sono anche persone che hanno voce e vanno ascoltati. I risultati delle ricerche con adolescenti che vivono in affido o in comunità residenziali in Catalogna indicano proprio la necessità di farli partecipare ad ogni decisione che riguarda le loro vite. Ci suggeriscono inoltre di sostenerli nell’impegno scolastico durante l’esperienza di affido e dell’importanza della socializzazione e del tempo libero con i loro coetanei.

4.

Welfare generativo, Innovazione, Ricerca, Sociale e Territorio

Sabato 26 settembre 2015 presso l'associazione Khorakhanè (Abano Terme - PD) si è tenuta, nell'ambito del Festival per l’Innovazione, la Ricerca, il Sociale e il Territorio, una tavola rotonda su «Le nuove forme di welfare per lo sviluppo del territorio». Alla tavola rotonda, moderata da Emanuele Alecci (presidente del L.I.S.), hanno preso parte l'associazione Khorakhanè, la dott.ssa Franca Maino (centro studi Einaudi), l'arch. Francesco Lipari (Favara Farm Cultural Park), la dott.ssa Silvana Bortolami (Fondazione Cariparo) e il dott. Devis Geron (Fondazione Zancan) il quale ha tenuto un intervento sulle prospettive di welfare generativo.

Per informazioni: www.welfaregenerativo.it

5.

Gli italiani che non ce la fanno

Radio Anch’io si occupa dell’impoverimento di questi anni, della perdita del lavoro, dei milioni di italiani che hanno bisogno di aiuto. E delle strategie per combattere la povertà, dal reddito di inclusione sociale agli assegni familiari all’ormai celebre reddito di cittadinanza. Tiziano Vecchiato è intervenuto nel programma radiofonico venerdì 25 settembre per trattare di questi temi. La registrazione del programma è accessibile dal link http://www.rai.tv/dl/portaleRadio/media/ContentItem-bc7ab078-934a-4ca1-9f16-f19ca70236b0.html

6.

Nuove vie per sconfiggere la povertà

In un momento di crisi come quello attuale è necessario cercare nuove vie per sconfiggere la povertà nel nostro paese. I problemi si sono mostrati impietosi per dimensioni e intensità e le strategie messe in atto negli anni hanno dimostrato tutta la loro inefficacia. Sappiamo che la strada è in salita e non ce la faremo senza un cambio di passo e di strategia. È questo uno dei messaggi di Tiziano Vecchiato, intervenuto a Imola al convegno di studio nel 50° della morte di Madeleine Delbrel, sul tema «Il Contrasto alla povertà in Emilia Romagna. Le azioni della Chiesa e della Regione» (22 settembre 2015).

Vecchiato ha evidenziato la persistente tendenza a impiegare le risorse contro la povertà in modo degenerativo, con sperimentazioni che dal 1998 a oggi si sono dimostrate fallimentari. Le proposte di nuovi interventi non consentono di sperare in esiti migliori (reddito di inclusione sociale). È l’approccio tradizionale del «raccogliere e redistribuire». Sta mostrando i propri limiti: non riduce le disuguaglianze, che anzi sono pericolosamente aumentate e siamo fanalini di coda in Europa per incapacità di ridurre la povertà dopo i trasferimenti. È assistenza che assiste e non libera dal bisogno. È uso irresponsabile di risorse pubbliche che sta togliendo la speranza di futuro ai giovani. Se va bene, potranno contare sui patrimoni dei loro genitori per supplire a pensioni insufficienti. Ma non sarà così per i loro figli. Già oggi i danni del non fare si concentrano sui bambini poveri e sulle persone in condizioni di grave precarietà.

Ma i segnali di generatività si fanno strada, per responsabilizzare, rendere, rigenerare, per promuovere la sussidiarietà nativa in ogni persona, come vorrebbe il quarto comma dell'articolo 118 della Costituzione. È fiducia in una salvezza sociale possibile, con il concorso al risultato di tutti, anche dei «poveri», con una logistica delle capacità, per mettere a «corrispettivo sociale» il valore generato. Ma senza fiducia nelle persone è missione impossibile. È il messaggio che anche Madeleine Delbrel ci affida per evitare il materialismo che caratterizza gli approcci assistenzialistici, fatti di cose ma senza le persone.

7.

L’accoglienza di minori fuori dalla famiglia in Emilia-Romagna

È stata presentata giovedì 17 settembre a Bologna la ricerca «La qualità del sistema di governance delle accoglienze di minori fuori dalla famiglia in Emilia Romagna», promossa da Regione Emilia-Romagna e realizzata dalla Fondazione Emanuela Zancan. È stata guidata da Roberto Maurizio, in collaborazione con i Coordinamenti regionali delle diverse tipologie di comunità di accoglienza per minorenni.

La ricerca è nata dalla necessità di valutare i processi di lavoro tra servizi sociali e sanitari, comunità, famiglie di accoglienza e affidatarie, per rendere più efficaci i collocamenti dei minori fuori famiglia. È stata, inoltre, un'occasione per identificare alcune buone prassi nel campo delle accoglienze fuori famiglia (affidamenti familiari e comunità) e mettere a fuoco le condizioni per riproporle in altri contesti territoriali. È necessario migliorare la qualità dell'integrazione tra tutti i soggetti interessati, promuovere e arricchire il dialogo e il confronto mettendo a valore il repertorio di buone prassi realizzate, con al centro il tema della valutazione.

Lo studio ha permesso di far luce su alcune criticità del sistema di accoglienza e, contestualmente, di individuare possibili soluzioni. In primis, è emersa una elevata differenziazione delle esperienze e delle prassi operative nel territorio regionale e la conseguente necessità di individuare dei «livelli minimi» che ogni territorio deve garantire. Una seconda criticità è relativa all'integrazione sociosanitaria, che appare a macchia di leopardo: forte in alcune aree regionali e debole in altre. Anche in questo caso, Si è riscontrata la necessità di introdurre degli elementi vincolanti, pratici, anche alla luce della direttiva regionale che sancisce la co-responsabilità tra ambito sanitario e sociale. È emersa, inoltre, scarsa chiarezza sulla differenziazione tra affidamento familiare e affidamento in comunità: in alcune realtà vengono percepiti come soluzioni molto diverse, in altre invece sembrano «interscambiabili». È necessario trovare un punto di equilibrio tra visioni così. Infine, si è riscontrato un non sempre adeguato coinvolgimento delle famiglie affidatarie nei progetti.

Un'ultima considerazione riguarda l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, che rappresenta un'emergenza di carattere nazionale e che sta determinando alcune significative modificazioni al sistema d'accoglienza, come l'impiego di personale volontario o l'incremento del numero consentito di minori all'interno delle comunità. Si tratterà di capire e verificare se questi elementi sono transitori, dovuti appunto all'emergenza che stiamo vivendo, oppure diventeranno definitivi.

Intorno a tutti questi nodi, il lavoro che è stato fatto ha raccolto proposte, suggerimenti, sollecitazioni che trovano spazio nel rapporto e consentono alla Regione di disporre di indicazioni preziose espresse dal territorio su tre livelli.

- Responsabilità della regione. Ad esempio, si chiede un referente per provincia che curi l'attuazione della normativa; di sottoporre a revisione l’organizzazione dei servizi sociali; predisporre direttive regionali dettagliate e funzionali al lavoro con i minori stranieri non accompagnati; istituire, anche provvisoriamente, un organo che verifichi lo stato dell'integrazione sociosanitaria; predisporre un piano straordinario di formazione integrata.

- Responsabilità degli ambiti territoriali. Si ritiene utile costruire protocolli unificati che possano dare ai servizi sociali un indirizzo, una linea guida; costruire un gruppo di lavoro sulle emergenze; istituire un Tavolo che sostituisca il Tavolo provinciale dell’affido e continuare gli incontri in stretto e continuo rapporto con i decisori politici; prevedere una figura di riferimento a livello locale per le realtà delle accoglienze di minori.

Responsabilità dei servizi sociali. Alcuni suggerimenti: sviluppare maggiori azioni di sostegno alle famiglie affidatarie, sia come informazione sia come accompagnamento durante il percorso; costruire un Tavolo locale di lavoro/confronto con le famiglie affidatarie e le associazioni; sviluppare un’adeguata competenza sulla predisposizione del progetto quadro sul minore; definire prassi uniformi a livello di singolo territorio; mettere in rete le numerose risorse informali presenti su questo territorio.

8.

Boom di iscrizioni: «Prospettive di welfare generativo» 3° edizione

Il seminario «Prospettive di welfare generativo» si è affermato come un laboratorio di diffusione di idee e pratiche «generative». Per poter garantire ai partecipanti un'esperienza formativa di qualità, caratterizzata da spazi di approfondimento e condivisione di idee e pratiche, ogni edizione del seminario prevede un numero limitato di adesioni. Essendo già terminati i posti disponibili per la seconda edizione (Padova, 28-29-30 ottobre 2015), sono aperte le iscrizioni alla terza edizione del seminario, che si terrà a Padova nei giorni 25-26-27 novembre 2015.

Il seminario si prefigge di fornire il quadro teorico di riferimento, approfondire modalità e strumenti per realizzare azioni di welfare generativo e raccontare esperienze di adozioni di approcci generativi.

Sono stati richiesti crediti formativi per assistenti sociali.

Per approfondimenti e iscrizioni www.welfaregenerativo.it/news

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