1.

Lo sviluppo di sapere professionale: è attivo il sito personalab

La Fondazione Emanuela Zancan lancia un nuovo sito www.personalab.org. È il sito di riferimento del programma di ricerca multicentrico, che coinvolge partner italiani e stranieri nella ricerca di soluzioni per la valutazione di efficacia delle cure e dei processi assistenziali.

Il programma si chiama Persona (Personalised Environment for Research on Services, Outcomes and Need Assessment). È aperto alle unità operative impegnate nei servizi alla persona: aziende sanitarie, servizi sociali di comuni singoli e associati, istituzioni, consorzi, aziende pubbliche di servizi, soggetti del terzo settore.

Il laboratorio consente un sistematico lavoro di analisi e di valutazione delle modalità di presa in carico dei bisogni, di gestione personalizzata dei processi di aiuto, nonché dei loro costi, con riferimento a diverse tipologie di problemi, a diverse forme di assistenza (sanitaria, sociale, tra loro integrate) valutandone l’efficacia. Personalab utilizza una piattaforma tecnologica IT e software in grado di facilitare la raccolta delle informazioni, la condivisione del lavoro - in tempo reale - da parte di tutti i centri di responsabilità coinvolti e lo sviluppo di risultati diversamente non conseguibili.

È una piattaforma collaborativa che aiuta la comunicazione e la divulgazione delle esperienze che i diversi laboratori stanno mettendo in atto.

Il sito ha anche una sezione riservata ai diversi territori impegnati nei programmi di valutazione.

2.

Fondo straordinario di solidarietà 2013 

La crisi finanziaria ed economica ha spinto numerose organizzazioni del terzo settore ad attivare specifiche attività di sostegno a chi si trova in situazioni di bisogno.

Una di queste è l’iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (Cariparo), delle Caritas delle diocesi di Padova, Rovigo-Adria e Chioggia, della Provincia di Padova e della Fondazione Antonveneta, denominata Fondo straordinario di solidarietà.

Il Fondo è stato attivato la prima volta nel 2009 per sostenere le famiglie residenti nelle province di Padova e Rovigo che erano in difficoltà economica a causa della crisi. Più nello specifico, i destinatari erano coloro che, avendo perso il lavoro e non essendo protetti da ammortizzatori o tutele sociali, non erano più in grado di mantenere dignitosamente se stessi e la propria famiglia. Il sostegno si è concretizzato in un aiuto economico (a fondo perduto), in un accompagnamento sociale e, in certi casi, nel reinserimento nel mondo lavorativo.

Nel convegno di sabato 29 marzo (Padova, 10.00-16.30) sono stati presentati i risultati ottenuti con l’edizione del 2013 del Fondo Straordinario di solidarietà. Un percorso attuato con l’aiuto della Fondazione Zancan nel quale non ci si è limitati a fare del bene per la natura intrinseca dell’iniziativa, ma si è voluto andare oltre, misurando l’impatto delle azioni realizzate.

È un atteggiamento che tutti coloro che perseguono finalità collettive, siano essi soggetti pubblici o privati, dovrebbero avere perché realizzano attività di interesse pubblico e di utilità sociale. Questa priorità vale ancora di più se si tratta di un progetto o un intervento di lotta alla povertà. È agire responsabilmente. Chi opera perseguendo finalità collettive gode di un rapporto di fiducia da parte degli interlocutori che possono essere i cittadini in rapporto con le istituzioni pubbliche e ogni persona che dona liberamente risorse (in tempo, denaro, capacità…) in collaborazione con istituzioni private. È fiducia che si rafforza o s’indebolisce, non solo sulla base di quanto si sceglie di fare e di quanto realizzato ma anche dei risultati prodotti che devono essere misurati in termini di efficacia.

La verifica e la valutazione della propria azione non serve solo per rendere conto. Assume maggiore valore se viene usata per modificare i criteri attraverso i quali è perseguita la finalità istituzionale di utilità sociale.

3.

Assifero: «Oltre il denaro»

Nell’Assemblea nazionale 2014 di Assifero «Oltre il denaro!», il convegno del 3 aprile ha affrontato il tema «Ruolo e valore aggiunto della filantropia istituzionale nelle politiche di contrasto alla povertà in Italia». Nella tavola rotonda Tiziano Vecchiato ha approfondito il tema del welfare generativo.

I tassi di povertà persistenti condannano l’Italia a essere tra i paesi europei meno capaci di trasformare in valore sociale le risorse a disposizione. Il problema non è come tagliarle o ridurle, ma come far fruttare il capitale economico e sociale a disposizione. È un capitale gestito a costo e non a investimento: non fa fruttare le risorse, non cerca il loro rendimento, non valorizza le capacità per rigenerarle. Si limita ad amministrare molti diritti con pochi doveri. A queste condizioni un salto di capacità sociale e di civiltà del prendersi cura non è possibile. È recessione di welfare, cioè di umanità.

In natura ogni organismo vivente non si limita a raccogliere e consumare. Fa di più: alimenta la vita, la promuove, la rigenera, mette a disposizione i propri frutti. Il suo contrario è dissipare energie, senza dare speranza alla vita. È una sfida che può essere affrontata, anche in condizioni difficili come quelle attuali.

Ogni aiutato che valorizza le proprie capacità è moltiplicatore di valore. Non è solo una constatazione, è un’opzione etica e strategica, visto che a tutti, anche agli ultimi va riconosciuto il diritto di contribuire ad una socialità che si rinnova e diventa capace di essere più solidale. Le potenzialità del welfare generativo possono favorire il passaggio dai diritti soltanto individuali ai diritti sociali. Da dove partire? Dal lavoro a rendimento sociale, finalizzato a produrre capitale sociale. Gli esempi non mancano: il lavoro socialmente utile delle persone anziane autosufficienti, il servizio civile, le molteplici forme di lavoro di utilità sociale. Possono farlo tutti, non solo i motivati e i volontari, ma tutti gli aiutati, trasformando gli ammortizzatori sociali, i sussidi, i trasferimenti monetari… in altrettante azioni a rendimento sociale. Non si tratta di chiedere «lavoro socialmente utile» (di cui conosciamo le possibili distorsioni) o volontariato, ma di trasformare gli aiuti a disposizione in valore economico e sociale, destinando gli utili a totale dividendo sociale. Può diventare generativo di ulteriore aiuto, grazie al valore economico e relazionale messo a disposizione dagli aiutati. 

4.

Veneto, bando per famiglie in difficoltà: «Scarse risorse, impatto nullo»

«Il bando regionale a sostegno delle famiglie in difficoltà dimostra, attraverso i dati resi pubblici dalla Regione, tutta la sua inadeguatezza». La Fondazione Zancan di Padova commenta su Redattore Sociale i dati emersi dalla pubblicazione della graduatoria provvisoria dei beneficiari ammessi al finanziamento regionale a sostegno delle persone e delle famiglie in difficoltà, previsto dalla legge regionale 3/2013 e attuato dalla DGR 1876/2013.

In totale sono 34.479 le domande presentate. Di queste solo 1.233 risultano a oggi ammesse, cioè il 3,6 per cento del totale (circa una ogni trenta). Un milione 960 mila euro l’importo complessivo stanziato dalla Regione, in media 1.589,62 euro per ogni famiglia beneficiaria. La cifra totale equivale ad appena l’1 per cento della spesa dei comuni veneti per povertà e disagio sociale: è un rivolo di risorse, tanto rumore per troppo poco. In più, l’effetto del bando è stato di «gravare i comuni del compito di gestire e trasmettere le domande e le persone con un carico di lavoro di almeno 50 mila ore per gli assistenti sociali e gli amministrativi, come fossero delle protesi operative della Regione. Tanto, troppo lavoro socialmente inutile. Non è stato così per il fondo di solidarietà, realizzato da Cariparo, Caritas diocesane e altri soggetti pubblici e privati dei territori di Padova e Rovigo, visti gli alti tassi di aiuto e di rendimento delle risorse utilizzate.

C’è di più. A livello regionale due famiglie su tre con Isee nullo risultano ad oggi escluse dall’assegnazione del contributo. Si tratta di famiglie in condizione di grave disagio economico, ma soltanto una piccola parte di esse avrà accesso al finanziamento.

Evidenti anche le sperequazioni territoriali: nelle province di Verona, Padova e Treviso il maggior numero di domande ammesse (rispettivamente 302, 253 e 225), mentre le altre quattro province si dividono il resto (450 circa). Considerando i soli comuni capoluogo, si registra una maggiore variabilità sia nella percentuale di domande ammesse – dall’1% di Belluno al 6% di Padova – sia nell’importo medio assegnato – da circa 500 euro a Belluno (un solo contributo) a più di 1.800 euro a Vicenza.

I dati tradiscono lo scarso impatto della misura: il numero complessivo di famiglie che beneficeranno del sostegno economico è pari ad appena l’1% delle famiglie venete povere. Viene da chiedersi inevitabilmente se questi fondi non sarebbero stati più redditizi se investiti diversamente, ad esempio per l’attivazione di borse lavoro. Secondo i calcoli della Fondazione Zancan, con le risorse regionali disponibili si sarebbero potute finanziare circa 650 borse lavoro, equivalenti a quasi 600 mila ore di lavoro in 6 mesi. Servono quindi nuove idee e un cambio di strategia. La abbiamo indicata con soluzioni di welfare generativo, capaci di valorizzare le responsabilità e rigenerare le risorse a disposizione. I consensi si stanno allargando su scala nazionale ma bisogna passare dalle dichiarazioni di interesse alle azioni concrete.

5.

Invecchiamento attivo intergenerazionale in quale modello di welfare?

L’Auser (associazione di volontariato e promozione sociale) è impegnata in iniziative nazionali, regionali e territoriali, per affermare la dignità delle persone anziane e per dare qualità alla vita dei cittadini, contribuendo a:

  • promuovere una strategia d’invecchiamento attivo finalizzato al benessere sociale, alla salute delle persone che invecchiano e agli stili di vita;
  • contrastare ogni forma di solitudine e di esclusione sociale;
  • fare scuola nei percorsi intergenerazionali e interculturali;
  • promuovere la solidarietà tra generazioni, l’apprendimento permanente, il senso e il valore della cittadinanza attiva, l’importanza di prendersi cura delle persone e dei beni comuni.

Il 9 aprile ha organizzato a Padova, insieme ai soggetti istituzionali e associativi e ai sindacati pensionati, un incontro pubblico per qualificare l’invecchiamento attivo in un modello di welfare innovato e condiviso.

Tra gli interventi, Giulia Barbero Vignola, ricercatrice della Fondazione Zancan, ha presentato i risultati di ricerche realizzate dalla Fondazione. Evidenziano come diventare soggetto attivo, sentirsi impegnati, aiutare il prossimo con attività di volontariato, fare attività sportiva, svolgere attività ricreative. Sono tutte attività che fanno bene alla persona, nel rapporto con se stessa e nelle relazioni con gli altri.

È sempre più cruciale promuovere stili di vita orientati alla salute e all’invecchiamento attivo, valorizzando e promovendo l’esercizio fisico, specie se fatto in compagnia. Uno stile di vita sano, con un’attività fisica quotidiana, oltre a produrre indiscutibili guadagni di salute, può facilitare l’integrazione sociale, l’aiuto reciproco, contrastando la solitudine. Un invecchiamento attivo può prevenire situazioni caratterizzate da solitudine, ripiegamento su di sé, difficoltà a chiedere e dare aiuto, atteggiamento di attesa verso gli altri, impoverimento culturale. Nelle nostre ricerche abbiamo misurato i risultati e abbiamo capito come possono essere incrementati.

6.

Tra il dire e il (wel) fare il bene salute da liberare». XI Congresso Card Veneto 

In questa fase di post welfarismo si osserva una diffusa incertezza su mission e vision dei servizi distrettuali di assistenza primaria gestiti dalle Asl e in particolare di quelli domiciliari.

La complessità ci interroga su cosa fare: solo prestazioni per rimediare ai danni alla salute? Oppure migliorare le relazioni con l’obiettivo di prendersi cura? O cos’altro?

Mancano misure esplicite dei ritorni e dei risultati degli investimenti e di costo-efficacia. C’è bisogno di un presente che rilanci il welfare sociosanitario.

CARD guarda ai distretti per la salute come a un sistema dinamico, aperto alla creatività e all’innovazione, che favorisca lo sviluppo delle capacità per generare nuove conoscenze, nuove linee d’azione in un welfare generativo capace di promuovere e valorizzare l’incontro tra diritti e doveri sociali.

Il convegno a Padova dello scorso 7 aprile «Tra il dire e il (wel) fare il bene salute da liberare» si è focalizzato su questi argomenti. «Non possiamo più accettare che si releghi la promozione della salute tra i servizi residuali»… «non possiamo permetterci un welfare degenerativo che non genera salute!».

Tiziano Vecchiato ha affrontato il tema di come passare da soluzioni di welfare tradizionale centrate sui costi, ai potenziali di investimento che gli approcci di welfare generativo possono sviluppare e valorizzare. 

7.

Il welfare locale come risorsa per la nostra comunità: bisogni e risposte possibili

Nell’ambito delle «Giornate dell’arcobaleno – Festa della cittadinanza 2014», lo scorso sabato 12 aprile si è tenuto a San Donà (sala Ronchi, piazza Indipendenza) il convegno «Il welfare locale come risorsa per la nostra comunità: bisogni e risposte possibili». L'evento è stato una occasione di riflessione e dibattito sullo sviluppo di nuovi protagonismi, relazioni e modelli di servizio che investano per creare opportunità sociali e per promuovere lo sviluppo umano di tutti i cittadini.

Dopo l'apertura dei lavori da parte di Maria Grazia Murer (assessore Comune di San Donà di Piave), Giulio Antonini (dirigente Comune di San Donà di Piave) ha introdotto e moderato il dibattito. Negli interventi iniziali, Andrea Cereser (sindaco Comune di San Donà di Piave) e Filippo Zanetti (assessore Comune di Vicenza) hanno condiviso spunti ed esperienze sull'amministrazione della «cosa pubblica» al tempo della crisi. A seguire, Devis Geron (ricercatore Fondazione Zancan), Renato Rubin (responsabile cure primarie Azienda ULSS 10), Carlo Berardo (direttore IRSSeS Trieste) e don Davide Schiavon (direttore Caritas Tarvisina) hanno approfondito il tema della proattività e generatività dei sistemi di welfare, sotto diverse prospettive. Infine Francesco Mozzato (consigliere CSV Venezia) e Giulio Campadelli (Associazione «Cantieri Aperti» San Donà di Piave) hanno presentato esperienze e proposte di volontariato e partecipazione.

Tra gli interventi ha trovato risalto la tematica del welfare generativo, il nuovo orizzonte culturale proposto dalla Fondazione Zancan. È emersa in particolare la necessità di superare un modello di welfare basato prevalentemente su trasferimenti monetari di natura «assistenziale», verso un welfare capace di rigenerare le risorse disponibili, responsabilizzando le persone che ricevono aiuto nel restituire parte di quanto ricevuto a beneficio dell’intera collettività.

8.

Fattori di rischio di povertà e dimensione dello sviluppo

«Fattori di rischio di povertà e dimensione dello sviluppo» è il titolo della lezione che il direttore della Fondazione Zancan Tiziano Vecchiato ha tenuto a Scerne di Pineto (TE) nell’ambito del master -della Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione AUXILIUM- «Politiche e servizi per la riduzione della povertà», una delle prime esperienze formative per specialisti in grado di conoscere le teorie e il pensiero sulle cause della povertà, di saper progettare politiche per affrontarle, di saper gestire i servizi per assistere e per ridurre le vulnerabilità e le povertà.

«Oggi il contrasto alla povertà è una sfida che non riguarda più solo i Paesi in via di sviluppo, dove risiede la maggioranza della popolazione oppressa dalla povertà estrema -  spiega Lorenzo Bontempo, direttore scientifico del master -, ma anche i Paesi industrializzati, che stanno vivendo una condizione di possibile decrescita economica, di minori opportunità, di deficit di garanzie e di mancanza di progresso. La povertà nel nostro tempo non è più solamente un fenomeno economico, ma una vera e propria emergenza sociale, resa ancora più gravosa dalla crisi che ha investito l’Europa, e l’Italia in particolare. Essa si abbatte duramente sulle fasce deboli della popolazione e colpisce, in particolare, le famiglie con più componenti, come dimostrano i dati Istat, secondo i quali l’incidenza della povertà assoluta è in crescita tra le famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%), quattro (dal 5,2% all’8,3%) e cinque o più componenti  (dal 12,3 al 17,2%).

In questo contesto, oggi è necessario non solo sviluppare i servizi, ma migliorarne l’efficacia di azione, anche ricercando una nuova e diversa qualificazione degli operatori, che, da volontari o per professione, lavorano per il contrasto alla povertà”.

Il master è realizzato dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» di Roma e dal Centro Studi Sociali sull’Infanzia e l’Adolescenza «don Silvio De Annuntiis» di Scerne di Pineto (TE), con la collaborazione della Delegazione Caritas Abruzzo e Molise, la Fondazione Caritas onlus della Diocesi di Pescara-Penne, e il contributo della Fondazione «Istituto Banco di Napoli».

9.

Dalle prestazioni alle relazioni comunitarie: gli strumenti del servizio sociale negli spazi di vita della persona anziana

L'Associazione P.I.A.C.I. (associazione scientifica per la Promozione dell’Invecchiamento Attivo e le Cure Integrate), fondata nel 2010 da Fondazione Zancan, Ordine Nazionale Assistenti sociali e Gruppo GRG del prof. Trabucchi, organizza una giornata di studio per assistenti sociali sul tema: «Dalle prestazioni alle relazioni comunitarie: gli strumenti del servizio sociale negli spazi di vita della persona anziana» (Bari, 30 maggio 2014).

L’iniziativa è realizzata in collaborazione con l’Associazione di promozione sociale «Carmela Giordano» e ha il patrocinio dell’Ordine Assistenti Sociali della Regione Puglia con l'assegnazione di 8 crediti formativi.

Non si tratta di una tradizionale conferenza, ma di un dibattito aperto fra partecipanti e relatori, sulla base di esperienze concrete portate dagli stessi assistenti sociali, per ricavarne analisi, approfondimenti e nuove idee utili per tutti i partecipanti. Questo è il modo migliore per rafforzare e diffondere strategie professionali di lavoro. Programma, Call for paper per la presentazione delle esperienze e scheda di iscrizione sono scaricabili dal sito www.fondazionezancan.it.

Contenuti

Saluti e introduzione

  • Giuseppe De Robertis, Presidente Ordine Regionale Assistenti sociali
  • Pasquale Ciccarone, Direttore RSSA San Gabriele

Modalità «attive» di invecchiamento, Tiziano Vecchiato, Fondazione Zancan e Associazione Piaci

Dalle prestazioni alle relazioni comunitarie nello spazio di vita della persona, Elisabetta Neve, Associazione Piaci

Discussione

I processi in atto nel territorio, Franca Dente, Associazione Piaci

Discussione

Break

I servizi del Gruppo Segesta nel contesto locale, Laura Zileni, Rssa San Gabriele

Laboratori su casistica

Coordina: Antonio Nappi, Aps «Carmela Giordano»

La mappa dei nuovi saperi

Sintesi e conclusioni

  • Franca Dente, Associazione Piaci
  • Tiziano Vecchiato, Fondazione Zancan e Associazione Piaci
10.

Bullismo, a Padova lo sperimenta oltre un dodicenne su due

Il bullismo è un fenomeno che riguarda la quotidianità dei preadolescenti padovani. È quanto emerge dai dati dello studio «CRESCERE», in corso a Padova a cura della Fondazione Emanuela Zancan e del De Leo Fund. Tra i 300 ragazzi finora coinvolti, tutti 12enni e residenti nella provincia di Padova, il 65% dichiara di aver subìto almeno una forma di bullismo negli ultimi sei mesi, mentre il 52% ammette di averli compiuti. Le forme più frequenti di bullismo sono di tipo verbale: insulti, offese, prese in giro, bugie e falsità.

I risultati. Quasi la metà dei ragazzi intervistati (il 49%) dichiara di «essere stato insultato, offeso o preso in giro» almeno una volta negli ultimi sei mesi e il 7% afferma di aver subìto questi comportamenti «tutti i giorni o quasi». Il 40% dice di «aver subìto bugie, falsità o essere stato disprezzato» almeno una volta in sei mesi, di cui il 5% «tutti i giorni o quasi». Anche il bullismo relazionale risulta abbastanza diffuso: uno su tre (32%) riferisce di essere stato «escluso o ignorato dal gruppo» almeno una volta nell’ultimo semestre. Sul fronte opposto, il 32% degli intervistati dice di aver «insultato, offeso o preso in giro qualcuno» negli ultimi sei mesi, il 31% ha detto «bugie, falsità verso qualcuno», mentre il 23% dichiara di «aver escluso o ignorato qualcuno del gruppo» almeno una volta in sei mesi.

Le forme di bullismo indiretto (verbale e relazionale) appaiono quindi molto più diffuse rispetto alle forme di bullismo fisico. Soltanto una minoranza riferisce di aver subito violenza fisica e di essere stato «colpito, calciato, spinto o rinchiuso» (12%). Le discriminazioni in base alla nazionalità o alla religione sono rare: solo il 4% riferisce di essere stato preso in giro per uno di questi motivi. Il 4% ammette di aver preso in giro qualcuno per la sua provenienza, l’1% per la sua religione.

Infine, il cyberbullismo sembra essere un fenomeno ancora poco diffuso: il 5% riferisce di essere stato infastidito con il computer, via email e Facebook. Più frequenti sono, invece, le molestie attraverso il cellulare: il 5% dichiara di aver infastidito qualcuno, il 12% rivela di aver subito questa forma di prepotenza almeno una volta negli ultimi sei mesi.

 

Le vittime di bullismo. A subìre atti di bullismo sono sia maschi sia femmine: rispettivamente il 68% e il 63% dichiara di aver subìto almeno un atto di bullismo negli ultimi sei mesi. L’unico aspetto per cui si osservano differenze statisticamente significative è quello relativo al bullismo di tipo fisico: «Essere colpito, calciato, spinto o rinchiuso». I maschi lo hanno subito più frequentemente rispetto alle femmine. Il 17% dei ragazzi dice, infatti, di essere stato aggredito, spinto o rinchiuso almeno una volta negli ultimi sei mesi, a differenza delle femmine, cui è successo solo nel 5% dei casi. 

Scorporando i dati in base alla cittadinanza non si rilevano differenze statisticamente significative a livello generale. Vi sono invece differenze per singoli aspetti. Dallo studio emerge, ad esempio, che gli stranieri subiscono più frequentemente violenza fisica rispetto agli italiani: il 26% dei ragazzi con almeno un genitore straniero afferma di essere stato «colpito, calciato, spinto o rinchiuso» almeno una volta negli ultimi sei mesi, mentre tra coloro che hanno entrambi i genitori italiani solo il 10% ha subito lo stesso comportamento. Si tratta comunque di una prepotenza subita prevalentemente dai maschi. I ragazzi con almeno un genitore straniero sono stati aggrediti nel 32% dei casi, i maschi italiani nel 15% dei casi. Il 22% dei ragazzi stranieri ha detto di essere stato preso in giro per la propria etnia almeno una volta negli ultimi sei mesi, mentre agli italiani questo è accaduto soltanto nel 3% dei casi.

Ulteriori approfondimenti sono disponibili nel comunicato stampa.

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