Fondazione «E. Zancan» di Padova e Acli del Veneto sono al lavoro insieme per elaborare un progetto di legge regionale che valorizzi e soprattutto tuteli il lavoro non retribuito. Da un lato, la proposta è di ampliare l’esperienza dei lavori socialmente utili anche a soggetti ancora attivi ma a rischio di emarginazione sociale, come gli anziani autosufficienti. Dall’altro l’intento è di definire uno strumento di sicurezza sociale per chi svolge lavoro non retribuito, come i volontari o i famigliari di persone in condizione di bisogno, ora non sufficientemente garantiti sul piano previdenziale. A questo scopo è riunito in questi giorni a Malosco (Trento), sede estiva della Fondazione Zancan, un gruppo di professionisti ed esperti impegnati nel seminario di ricerca dal titolo «Quale valorizzazione del lavoro non retribuito dentro un quadro di ridisegno delle politiche di welfare locale?». Il seminario, in corso fino a sabato, è coordinato dal vicepresidente di Acli Veneto Marco Ferrero, e dal presidente onorario della Fondazione Zancan, Giovanni Nervo.
«Il lavoro non retribuito può essere declinato in varie forme – spiega Ferrero –: dal volontariato puro all’attività dei soci sostenitori, dall’attività volontaristica professionale al lavoro di cura svolto all’interno delle famiglie. Tutte queste attività ad oggi non sono tutelate, per cui il nostro obiettivo è di individuare forme di valorizzazione indiretta, in termini di assistenza o previdenziali». L’obiettivo, nei fatti, è di individuare strumenti e proposte che tengano conto di queste dimensioni e che considerino anche il valore che il volontariato produce e che si sviluppa in termini di risparmio di spesa per il servizio pubblico. «La crisi economica evidenzia i problemi di sostenibilità del nostro modello di welfare – aggiunge il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato –. Sono necessarie politiche pubbliche innovative che sappiano coniugare il tema della competitività del paese con quello di una diversa e più equa distribuzione delle risorse, in termini sia di fiscalità sia di finanziamento degli interventi sociali».
In questo contesto un’attenzione particolare è dedicata al lavoro di cura familiare: «Per molte donne è una scelta generosa e onerosa, perché riduce la capacità economica delle famiglie – commenta Vecchiato – ed è una scelta che riguarda il futuro previdenziale di molte donne che rinunciando al lavoro rinunciano alla possibilità di reddito non solo professionale ma anche previdenziale. Ma nonostante il grande apporto dato alle istituzioni e alle comunità locali non ci sono corrispettivi in termini di sgravi fiscali, agevolazioni tariffarie o altre forme di sostegno. «La Fondazione Zancan da tempo si è attivata per cercare di definire un ‘giusto riconoscimento’, con soluzioni di natura economica o con altre forme di agevolazione, a beneficio immediato (in termini di beni e servizi) o differito sotto forma di tutela previdenziale per le donne che svolgono lavoro di cura in famiglia per le persone non autosufficienti».