“La crisi è pesante, ma i dati dell’Istat ancora una volta faticano a fotografarla perchè l’impoverimento generale non trova corrispondenza nei dati di povertà assoluta e relativa”: è questo il commento del direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato, alla lettura dei dati sulla povertà diffusi oggi. “Non è un problema di affidabilità tecnica delle statistiche - precisa il direttore -, ma di sensibilità del sistema di rilevazione, che in questo caso non è in grado di cogliere l’effettiva condizione delle persone e delle famiglie”.
“L’Istat – continua – ci dice che la povertà risulta sostanzialmente stabile sia a livello assoluto sia relativo, confermando che più di 8 milioni di persone vivono in condizioni di povertà relativa in Italia, tra cui oltre 3 milioni in stato di povertà assoluta”. Il problema sta tutto nell’apparente stabilità del fenomeno povertà, in quanto “tutti stiamo peggio e la situazione economica delle famiglie italiane si è aggravata: così chi sta ‘meno peggio’ non è più conteggiato nella categoria di ‘povero relativo’, pur trovandosi nella medesima condizione economica di un anno fa” spiega Vecchiato.
La contraddizione non è nuova: la Zancan l’ha già evidenziata esattamente un anno fa, invitando a “non farsi prendere dall’ottimismo, perché una lettura superficiale dei dati può trarre in inganno”. La strumentalizzazione politica delle statistiche va evitata perché può dare effetti indesiderati: “Ad esempio, può rassicurare e far dire che i problemi non ci sono, che la crisi è superata. Ma allora non sarebbe stata necessaria una manovra da 70 miliardi, che peserà non poco sui bilanci delle famiglie”.
A distanza di dodici mesi, la Fondazione rilancia quindi l’appello all’Istat a “condividere soluzioni per approfondire meglio la questione e dare una lettura più affidabile del fenomeno povertà. In un momento così difficile come questo, ogni istituzione interessata al bene comune deve essere disposta a confrontarsi con chi può e vuole contribuire ad affrontare in modo più efficace i problemi”.
Fonte: Redattore sociale