La povertà in Sardegna: dimensioni, caratteri e risposte

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creato: 13 aprile 2012

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Qual è l’impatto della povertà in Sardegna? Quali le caratteristiche del fenomeno e le risposte attivate per contrastarlo? Sono queste le domande cui risponde la ricerca “La povertà in Sardegna: dimensioni, caratteri e risposte“, promossa Csv Sardegna Solidale e realizzata dalla Fondazione «E. Zancan» di Padova e presentata oggi a Cagliari.
La ricerca si propone come uno strumento conoscitivo per gli attori locali (enti pubblici, volontariato), che ogni giorno vengono a contatto con le diverse facce della povertà. Tre le direttrici su cui si sono concentrati i ricercatori della Fondazione Zancan, approfondite in altrettanti rapporti: la conoscenza del fenomeno a livello regionale, l’azione istituzionale a contrasto, l’apporto del volontariato.
La povertà in Sardegna. Secondo l’Istat, dal 2002 l’incidenza della povertà nella regione è aumentata di anno in anno fino a toccare il culmine del 22,9% nel 2007. Negli ultimi tre anni, invece, l’andamento è stato altalenante. Nel 2010 era povera, in senso relativo, quasi una famiglia su cinque (18,5%). Infine, in Sardegna nel 2009 poco meno di una persona su 3 era a rischio di povertà o esclusione sociale, circa 1 persona su 5 era a rischio povertà dopo i trasferimenti sociali, quasi 1,5 persone su 10 vivevano in famiglie a bassa intensità lavorativa e 1 su 10 è in grave deprivazione materiale
La situazione più critica è in provincia di Carbonia-Iglesias, dove si concentra il più alto tasso di disoccupazione in generale e giovanile in particolare. Altre criticità sono legate all’aspetto reddituale (delle persone anziane), alla salute e alle relazioni familiari in termini di solitudine degli anziani. In provincia di Sassari, e soprattutto, in quella di Oristano tante ombre e poche luci. Le ombre sono il tasso di disoccupazione, la diffusione della disabilità in età adulta, la non autosufficienza e la solitudine tra gli anziani. Le luci, deboli, riguardano il rapporto tra avviamenti/cessazioni di imprese e il reddito medio. 
Per le province di Olbia-Tempio e dell’Ogliastra il profilo indica rispetto alla media nazionale, ma allo stesso tempo anche le “potenzialità”, cioè i punti di forza, sono sotto la media. In una situazione intermedia si collocano le province di Cagliari, Medio Campidano e Nuoro.
Le azioni regionali e locali di contrasto alla povertà. Le azioni regionali sono perlopiù orientante a erogare sostegno economico (19,4%) e a garantire un inserimento lavorativo (18,4%). I destinatari delle azioni sono in misura maggiore le famiglie e i minori (23,5%), le povertà estreme (23,5%). In misura minore, le azioni interessano le situazione di emergenza (1,5%), le donne (2,9%), gli anziani (2,9%) e chi ha un disagio mentale (2,9%). Un aspetto rilevante che emerge dall’analisi dei documenti locali è la mancanza di una definizione di povertà. 
Il ruolo del volontariato nella conoscenza e nel contrasto alla povertà. Alla ricerca hanno collaborato attivamente circa 200 organizzazioni di volontariato.
Le odv hanno dimostrato una buona conoscenza del fenomeno e hanno dato prova di essere consapevoli dei limiti e delle potenzialità delle azioni di contrasto. Il 28% del campione pensa che la povertà in Sardegna sia molto diffusa e in aumento, il 63% che sia “abbastanza diffusa”, soltanto l’8% la ritiene poco estesa. Tra i principali fattori di rischio individuati, il lavoro è il più importante, da intendersi sia come mancanza di lavoro (indicato nel 93% dei casi), sia come precarietà (46%) o salario basso (32%). La disgregazione familiare (separazioni, divorzi, allontanamenti) è considerata un importante fattore di rischio (indicato tra i primi 3 fattori da un terzo dei volontari), insieme alla solitudine (22%). L’istruzione esercita un ruolo altrettanto importante, intesa sia come basso titolo di studio (indicato nel 20% dei casi), sia come incapacità di riqualificazione professionale (18%). Le tre categorie di persone che corrono maggiormente il rischio di entrare nella condizione di povertà secondo i volontari sono i disoccupati, gli anziani e i genitori che vivono soli con figli minori a carico.
Le azioni realizzate dal volontariato sono prevalentemente di sostegno e di accompagnamento. Le risposte offerte mostrano un approccio concreto nel cercare risposte ai bisogni delle comunità in cui operano. Risulta, invece, sottodimensionata e qualitativamente poco rilevante la partecipazione ai processi di programmazione e, più in generale, lo sviluppo di proposte di tutela e di advocacy. 
Il commento. Il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato, sottolinea l’importanza di queste conoscenze per poter affrontare il fenomeno. “Ma la sola conoscenza non basta – avverte -. Se episodica e non ottenuta in modo continuativo, serve a dichiarare ma non a fare. È invece necessario che la conoscenza sia stabile nel tempo a servizio della programmazione e della valutazione delle politiche”. Da qui la proposta di proseguire questo investimento dando vita a un osservatorio permanente e indipendente sulla povertà e l'esclusione sociale in Sardegna: “Non è solo un auspicio – spiega il direttore -, visto che quanto presentato è uno studio di fattibilità per nuovi modi, più efficaci di affrontare il problema e valutare i risultati”.
Secondo Giampietro Farru, presidente del Csv Sardegna Solidale, “il dato più rilevante che emerge da questi rapporti è il contributo eccezionale che viene dal mondo del volontariato alla comunità sarda. Il volontariato dà prova di essere non solo un soggetto in grado di assistere le persone in condizione di povertà, ma anche attivo nella programmazione e in grado di dare risposte efficaci”. E aggiunge: “Questo materiale viene divulgato per la prima volta in Sardegna: sono dati reali, senza enfasi, che vogliono fotografare situazione e, soprattutto, dare risposte al grave problema della povertà”.

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