Padova, 19 ottobre 2007 – Quanti soldi spendiamo, nel nostro sistema di welfare, per l’assistenza sociale da garantire a ogni cittadino? Chi gestisce concretamente questa spesa? Come cambia la quantità di euro pro capite a seconda della città in cui si vive?
Come emerge dal Rapporto Caritas-Zancan 2007 sulla povertà e l’esclusione sociale, presentato a Roma lo scorso 15 ottobre, in Italia la spesa destinata all’assistenza sociale è di 44 miliardi e 540 milioni di euro, circa 750 euro pro capite. Di questi 750 euro, i Comuni ne gestiscono solo 86,15 euro pro capite, mentre la parte restante, pari a circa 664 euro, è gestita dallo Stato o da amministrazioni da esso controllate.
Dalle ultime elaborazioni Zancan-Istat, la spesa dei Comuni singoli e associati in Veneto per l’assistenza sociale è di 87,84 euro, quindi qualcosa in più della media italiana, pari a 86,15 euro. Degli 87,84 euro spesi dai Comuni singoli o associati del Veneto per l’assistenza sociale: 24,26 euro sono destinati alla famiglia e minori (media Italia: 36,05 euro); 26,78 euro agli anziani (media Italia: 22,41 euro); 26,86 euro all’area disabili (media Italia: 18,31 euro); 5,73 euro al disagio adulti (media Italia: 6,24 euro); 2,35 euro agli immigrati (media Italia: 2,19 euro); 1,87 euro alle dipendenze (media Italia: 0,95 euro).
«I Comuni singoli e associati del Veneto dunque spendono un po’ di più rispetto alla media nazionale – spiega Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan –, ma devono migliorare se il confronto viene fatto con le altre regioni del Nord. Non solo per garantire solidità e sostenibilità al modello veneto, ma anche per dare maggiori e migliori servizi ai cittadini, come stanno facendo le Regioni confinanti». «Queste analisi che stiamo effettuando e che intendiamo approfondire – continua Vecchiato – sono di fondamentale importanza per capire di quante risorse disponiamo. La spesa destinata all’assistenza sociale in Italia, cioè 44 miliardi e 540 milioni di euro, è un patrimonio considerevole, però in gran parte non è fatto fruttare. Da questi dati possiamo intuire quanti margini di razionalizzazione e miglioramento abbiamo davanti, prima ancora di aumentare le risorse per l’assistenza sociale».
Facendo un raffronto con le analisi dell’Osservatorio per le politiche sociali del Comune di Padova, effettuate in collaborazione tra Comune di Padova e Fondazione Zancan, si evidenzia che la spesa pro capite per l’assistenza sociale del Comune di Padova è di circa 170,46 euro: quasi il doppio, quindi, rispetto alla media della spesa pro capite per l’assistenza sociale dei Comuni singoli e associati del Veneto (pari a 87,84 euro) [IN ALLEGATO IL RAFFRONTO SUI DATI DELLA SPESA SOCIALE DI ITALIA-VENETO-PADOVA IN VERSIONE INTEGRALE].
La disomogeneità di intervento e di spesa sociale è dunque uno degli elementi di grande criticità, anche all’interno del territorio Veneto. Gli importi per abitante destinati dai Comuni veneti alle politiche sociali presentano differenze considerevoli, con Comuni che destinano alle politiche sociali la metà di ciò che stabiliscono altre amministrazioni anche territorialmente vicine. In un momento storico in cui le risorse sembrano mancare, come garantire la sostenibilità del sistema e nello stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini? Come bilanciare la differenziazione nei sistemi di welfare, con una maggiore equità anche nella distribuzione delle risorse?
«Le riforme delle normative offrono un disegno generale sulla distribuzione di competenze e sugli elementi che dovrebbero caratterizzare il lavoro sociale – afferma Giordana Bertoldi, presidente del Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza del Veneto e coordinatrice del Tavolo Veneto per nuove politiche sociali –. “Azione in rete”, “integrazione”, “sussidiarietà” e “partecipazione” sono le parole chiave utilizzate per definire il welfare, per la cui realizzazione tuttavia mancano risorse adeguate e strumenti attuativi. Primo fra tutti la definizione dei livelli essenziali di assistenza, elemento che dovrebbe uniformare l’azione delle politiche sociali nei diversi territori. Senza tale definizione assistiamo a una continua riduzione delle garanzie essenziali delle politiche pubbliche per i servizi di interesse generale». «A Padova si evidenziano come situazioni emergenti di bisogno quelle di donne e uomini soli con figli a carico e quelle di tossicodipendenti con patologia psichiatrica che non trovando altre risposte si rivolgono al Comune – aggiunge Claudio Sinigaglia, vicesindaco e assessore ai Servizi sociali del Comune di Padova –. Per garantire servizi adeguati a queste persone, e insieme a loro a tutta la cittadinanza, diventa fondamentale definire i livelli essenziali di assistenza sociale».
Il concetto di livelli essenziali è stato introdotto nel 2000. Ma ad oggi ancora non è attuata la definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale che compete al governo centrale (l’argomento viene inserito dal Ministro della Solidarietà Sociale nell’Atto di indirizzo per il 2008), in accordo con le Regioni. In assenza di questa definizione, alcune Regioni si stanno attivando autonomamente. La Regione Veneto li ipotizza nel disegno di “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi alla persona ” e nel Piano Socio Sanitario 2007-2009. In entrambi i casi, tuttavia, non è chiaro se e come i livelli essenziali di assistenza sociale saranno realmente declinati.
Definire i livelli essenziali di assistenza sociale significa definire quale modello di welfare si vuole perseguire, quali fasce della popolazione proteggere maggiormente, quali priorità affrontare: è il vero nodo della questione “spesa sociale”.
Per questo Il TAVOLO VENETO PER NUOVE POLITICHE SOCIALI, di cui fanno parte Comune di Padova, Cnca Veneto, Fondazione Zancan di Padova, Acli Veneto, Anci Veneto, Cva (Coordinamento Veneto Accoglienza), Conferenza dei sindaci Dolo-Mirano, Provincia di Venezia e altri enti e organizzazioni del terzo settore, LANCIA UNA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE PER LA DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SOCIALE. Sono invitati a sottoscrivere la campagna gli enti locali, le organizzazioni del terzo settore, tutti i cittadini. L’obiettivo è quello di costruire insieme un documento da presentare alla Regione Veneto, per riportare al vertice dell’agenda politica il tema dei livelli essenziali di assistenza sociale. Per informazioni e per dare la propria adesione: 0424 504912; cell. 320 2397368; e-mail area.veneto@cnca.it.
«Parlare di livelli essenziali di assistenza sociale – sottolinea Giordana Bertoldi – significa entrare di prepotenza nel tema della sostenibilità economica dei sistemi di welfare e dei diritti esigibili. Ma significa anche riflettere e affrontare le molte fragilità sociali del nostro tempo, da quelle relative alla non autosufficienza a quelle più frammentate, determinate da percorsi di marginalità o da povertà economica. Il tema della sostenibilità economica è il tema della ricerca di maggiore efficienza, ma anche della diversa allocazione delle risorse, il cui impiego dovrebbe sempre essere coerente con gli scopi di tutela dei più deboli e di giustizia sociale».
Il Tavolo Veneto per nuove politiche sociali è un gruppo di lavoro a dimensione regionale di riflessione, progettazione e sperimentazione di sistemi locali di welfare solidali e sostenibili. Nato nell’autunno 2004 sulla scia delle preoccupazioni per la progressiva riduzione di trasferimenti di risorse dallo Stato centrale agli enti locali e per i successivi provvedimenti urgenti per il contenimento della spesa pubblica, opera da oltre due anni con incontri periodici e con la realizzazione di iniziative pubbliche sui temi delle politiche sociali. Al Tavolo partecipano dirigenti di organizzazioni dell’area non profit, ricercatori in area sociale, pubblici amministratori e dirigenti di Comuni, Province e aziende Ulss. Persone che si impegnano, e impegnano le proprie organizzazioni, per elaborare e sperimentare nuovi sistemi di welfare locali fondati su criteri di unitarietà e omogeneità territoriale, e gestiti in forma solidaristica. Gli obiettivi del Tavolo sono: salvaguardare che nel riparto delle risorse al sociale venga attribuito quanto previsto; costruire sperimentazioni che permettano di ridisegnare un nuovo modello di sistema di welfare; creare collegamenti strutturali e funzionali fra le buone pratiche in atto nei diversi territori, affinché possano diventare modelli di riferimento; promuovere il confronto e l’elaborazione comune tra terzo settore e pubblica amministrazione, con particolare attenzione per i delegati al governo dei Comuni, principali artefici delle politiche sociali e sociosanitarie. È proprio questo uno dei punti chiave del Tavolo: ridare centralità ai Comuni nell’elaborare e nell’agire nuove politiche sociali solidali e sostenibili.
Su questi temi, sull’apporto che può dare il terzo settore alla creazione di sistemi locali di welfare, alle strategie per il loro sviluppo e la loro qualificazione, Fondazione Zancan e Cnca Veneto hanno appena pubblicato un approfondimento monografico sul numero 4/2007 della rivista “Studi Zancan”, dal titolo “Ruolo e potenzialità del terzo settore nei sistemi locali di welfare”. Accanto alla lettura delle criticità, viene qui avviata un’analisi su ciò che di innovativo si sta sperimentando nella Regione Veneto: modelli di intervento intercomunali, cioè reti solidali di Comuni che si riappropriano del ruolo di guida delle politiche sociali.
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