On line il quarto numero di Studi Zancan

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creato: 07 ottobre 2013

TAGS: non autosufficienza valutazione infanzia violenza esito

Il quarto numero del 2013 di Studi Zancan è disponibile on line.

Tiziano Vecchiato nel suo articolo parla della sostenibilità dei servizi per la prima infanzia come strategia per ridurre le disuguaglianze. Sottolinea la necessità di trovare nuove soluzioni per garantire risposte differenziate ai diritti di crescita e di educazione. I vantaggi si ripercuoterebbero non solo nei processi di crescita dei bambini ma anche nei livelli occupazionali e nelle condizioni di lavoro di entrambi i genitori.

Anna Paola Lacatena si chiede se la violenza sessuale sia il prezzo da pagare per le donne tossicodipendenti. Presenta una ricerca condotta dal dipartimento dipendenze patologiche dell’Asl di Taranto, su di un campione della popolazione femminile in carico con l’obiettivo di indagare quanto la violenza sessuale possa essere causa dell’uso di sostanza e quanto quest’ultimo possa esporre la tossicodipendente a esserne vittima.

Anna Ziliotto affronta il tema delle mutilazioni genitali, di recente dibattito italiano e internazionale, approfondendo in particolare quegli aspetti di manipolazione che rendono i corpi «aperti» alle relazioni familiari e sociali e «chiusi», cicatrizzati, in-scritti nella cultura alla quale appartengono.

La sezione monografica è dedicata alla valutazione di esito nei servizi per la non autosufficienza, all’interno del laboratorio multicentrico PersonaLAB.

Daniele Salmaso identifica le principali differenze metodologiche tra il Piano assistenziale individualizzato e il Piano personalizzato che utilizza la metodologia SP/FO. Definisce le competenze che gli operatori devono possedere per operare in una logica di progetto personalizzato e le difficoltà che devono superare per modificare le proprie modalità operative.

Marilena Marzola riporta l’esperienza dell’Asp di Ferrara nell’utilizzo della metodologia SP/FO all’interno di un percorso più ampio di innovazione del Centro servizi alla persona. Un percorso che non si limita alla dotazione di nuovi strumenti, ma punta al cambiamento di mentalità, interessando tutto il sistema: amministratori, operatori e cittadini. In particolare PersonaLAB negli operatori di un centro diurno per persone con demenza ha permesso una crescita professionale in grado di stimolare nuove idee e mettere in circolo pensieri generativi, proteggendoli da quel senso di frustrazione che subentra quando si lavora con persone utenti destinate alla cronicità. Migliorano inoltre la credibilità, la visibilità esterna, la capacità relazionale con la famiglia che partecipa alla costruzione del progetto, ne comprende il senso, i cambiamenti e i risultati raggiunti.

Tiziana Bonazzi e Patrizia Morelli focalizzano l’attenzione nell’ambito residenziale presentando due casi presi in carico con la progettazione personalizzata. Sottolineano come la metodologia utilizzata in PersonaLAB sia diventata parte integrante del protocollo dell’accoglienza e della progettualità individuale socio assistenziale della residenza. L’utilizzo delle scale di assessment geriatrico ha consentito inoltre di avere una visione globale della persona secondo una logica di «care» e ha consentito la continuità dell’assistenza superando la logica della prestazione.

Cinzia Canali e Giancarlo Sanavio, nell’area della disabilità, affrontano in modo più approfondito il rapporto tra verifica e valutazione, grazie anche all’osservazione finalizzata a identificare specifici fattori osservabili e gestirli in modo da ottenere esiti migliori. L’utilizzo di fattori osservabili offre la possibilità di «rendicontare» alla persona utente, alla famiglia, alla committenza, agli operatori stessi ciò che si è ottenuto, anche se piccolo, secondo l’ottica dei «sensitive outcome».

A completamento della monografia si riporta un elenco di alcune pubblicazioni in cui sono presentati e diffusi i risultati derivati dal laboratorio PersonaLAB.

Gianfranco Bonesso presenta alcuni casi di integrazione culturale nel rapporto con le istituzioni e la società civile, nella convinzione che l’aspetto più critico, non è tanto come cambiare una istituzione pubblica affinché conosca e affronti il fenomeno dell’immigrazione, ma come potenziare e sperimentare processi collettivi di partecipazione, condivisione e avvicinamento ad un futuro di convivenza possibile.

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