«Investire nell’infanzia: i potenziali del welfare generativo». È questo il tema che la Fondazione Emanuela Zancan di Padova approfondisce oggi nell’ambito del seminario «Le povertà minorili al tempo della crisi. Esperienze e proposte per riuscire a immaginare il futuro», organizzato dal Comune di Reggio Emilia (Centro Internazionale Loris Malaguzzi Auditorium Annamaria e Marco Gerra via Bligny 1/a).
«Negli ultimi decenni a vari livelli, nazionali e internazionali, è stata messa a fuoco la necessità di azioni per contrastare la povertà minorile – riferisce il direttore Tiziano Vecchiato -. Questa attenzione è stata testimoniata da numerosi rapporti e pubblicazioni e da dichiarazioni condivise e convenzioni internazionali. Tuttavia, questo approccio non si è ancora rivelato molto efficace e, anzi, ha in certi casi messo in evidenza una sorta di schizofrenia istituzionale: da un lato una produzione di dichiarazioni a sostegno della centralità dell’infanzia e dell’adolescenza e dall’altro politiche poco attente al popolo ‘invisibile’ dei bambini e dei ragazzi, che così vedono sacrificata la loro speranza di vita».
Il rapporto 2014 sulla lotta alla povertà della Fondazione Zancan dal titolo «Welfare generativo. Responsabilizzare, rendere, rigenerare», (il Mulino) mette in evidenza che la crisi finanziaria ha reso ancora più evidente questa contraddizione. Nel 2013 il 27,9% dei bambini italiani fino a 6 anni era a rischio di povertà o esclusione sociale, in aumento rispetto al 26,3% nel 2007. Questo non vale solo per i più piccoli ma per l’intera fascia di età fino a 18 anni che ha risentito delle conseguenze devastanti della crisi economica proprio nei loro confronti. Secondo le stime dell’Istat, nel triennio 2011-2013 è raddoppiato il numero di minori italiani in «povertà assoluta»: da 723mila bambini e ragazzi nel 2011 a 1 milione 434mila nel 2013. Ciò significa che nel 2013 un minore su sette (il 13,8% dei residenti) era in povertà assoluta.
«È necessario riconoscere che questa è una sconfitta per tutti – scrive la Fondazione Zancan nel rapporto -, visto che il problema non è ristretto alla sfera privata dei bambini e dei ragazzi insieme con i loro genitori, ma riguarda un’intera società con poco futuro e incapace di investire per renderlo positivo. Invece questo «popolo» di cittadini in crescita rappresenta un prezioso capitale sociale. È potenziale ma è lasciato in secondo piano, in disparte, invece di allargare lo sguardo e cercare nuove risposte per ridare a questi bambini e ragazzi il massimo di valore e di speranza».
La via d’uscita? Servono azioni che non cerchino solo di redistribuire, con approcci assistenziali basati su politiche passive. Devono invece essere finalizzate al coinvolgimento e alla responsabilizzazione delle persone, con strategie di aiuto condizionato all’impegno dei genitori nei confronti dei figli e una più diretta responsabilizzazione dei destinatari di risposte di welfare. «L’impatto dei trasferimenti sociali in termini di riduzione del rischio di povertà tra i minori italiani è di gran lunga inferiore rispetto a quello medio europeo: -6,7 contro -14,2 punti percentuali – evidenzia Vecchiato -. Se i trasferimenti hanno un’efficacia così limitata, i servizi per l’infanzia sarebbero invece molto più capaci di ridurre povertà e disuguaglianze. Ma sono rivolti a un numero troppo limitato di bambini, soprattutto per la fascia 0-3 anni, e un futuro migliore per i bambini poveri è ancora tutto da costruire».
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