I dati della ricerca sociale condotta in 7 città italiane sui bisogni e sulle potenzialità delle famiglie in lotta contro la povertà

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creato: 27 ottobre 2015

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Roma, 27 ottobre 2015 – Famiglie che non si arrendono alla povertà e continuano a combattere per dare una vita migliore ai propri figli: è quanto emerge dalle interviste realizzate in 7 città italiane per approfondire la condizione di 277 nuclei familiari, raccogliendo direttamente le loro esperienze, le loro difficoltà e le loro richieste. E, partendo dall’ascolto, capire in che modo chi è povero affronta i problemi, non solo con gli aiuti che riceve ma anche con le proprie capacità e risorse e, soprattutto, quanto sia disposto ad aiutarsi e aiutare altre persone che vivono la stessa condizione.

È questo il focus della ricerca promossa da L’Albero della Vita, organizzazione italiana che da 18 anni è impegnata a difendere e promuovere i diritti, il benessere e lo sviluppo dei minori in condizioni di disagio e marginalità sociale, e realizzata dalla Fondazione Emanuela Zancan, centro di studio e ricerca che opera nell'ambito delle politiche sociali, sanitarie, educative, dei sistemi di welfare e dei servizi alla persona.  

La metodologia di ricerca ha avuto come obiettivo quello di far emergere le testimonianze dirette delle famiglie, per comprenderne i potenziali “generativi”, ossia il coinvolgimento di ciascuno nella lotta alla loro povertà, considerando le persone come “centro” da cui partire per identificare soluzioni utili a definire degli interventi concreti.

Gli incontri si sono svolti a Milano, Torino, Firenze, Roma, Bari, Napoli e Palermo nell’arco di 6 mesi. Tra le persone adulte intervistate,  la maggioranza ha un’età compresa tra i 30 e i 50 anni e l’85%  è di genere femminile; il 78% degli intervistati ha la cittadinanza italiana, mentre il 22% è straniera. Alcune famiglie hanno inoltre consentito ai loro figli di raccontare la propria esperienza, restituendo un vissuto soddisfacente nonostante i problemi e trasmettendo il desiderio di fare qualcosa per aiutare la famiglia a superare le difficoltà quotidiane.

I risultati della  ricerca evidenziano che la prima causa di disagio tra le famiglie intervistate è legata a problemi di lavoro (9 famiglie su 10),  in particolare di disoccupazione (7 su 10); il 56% ha anche problemi di natura abitativa (quali occupazione abusiva, sfratto, ecc.) e  il 54% di salute. Oltre 1 su 5 delle famiglie incontrate presenta problemi con la giustizia. Circa 1 su 6 esprime difficoltà legate al livello di istruzione.

In questo contesto, la ricerca ha fotografato diverse tipologie di aiuto ricevuto dalle singole famiglie: sul totale delle famiglie intervistate (in tutte le città) quasi tre quarti ricevono, o hanno ricevuto recentemente, contributi economici (diretti o in forma di compartecipazione per spese sanitarie, abitazione ecc.) e oltre 6 su 10 beni materiali di prima necessità. Meno frequente è, mediamente, l’aiuto ricevuto sotto forma di servizi.

La percezione della gravità degli aiuti non ricevuti fa emergere un dato interessante: su una scala da 1 a 3, la mancanza più grave (2.9) risulta quella relativa ai servizi di assistenza sociosanitaria e abitativa; seguono la mancanza di contributi economici (2.7) e di servizi di accoglienza ludico ricreativa,  di orientamento e sostegno (2.5) e di sostegno socio educativo (2.3), mentre meno rilevante risulta la carenza di beni materiali di prima necessità (2.2).

La ricerca ha inoltre analizzato le risorse e capacità positive che uno o più componenti della famiglia si riconoscono e possono impiegare a vantaggio o del proprio nucleo familiare per superare le difficoltà,  oppure nei confronti di altre persone esterne al nucleo.

Tre su quattro (75%) delle famiglie incontrate si riconosce almeno una forma di potenziale impiegabile a beneficio della collettività. Per tutti gli intervistati il tema del “fare qualcosa per gli altri”, passa necessariamente attraverso il mettersi in gioco come persona, con il proprio bagaglio di competenze e capacità, attuando  azioni di solidarietà e di condivisione oltre la famiglia stessa.

I genitori, infine, hanno trasmesso anche una consapevolezza importante: chi ha figli ha voglia di lottare e sviluppa inaspettate capacità. “Io non mi arrendo”  è il messaggio chiave trasmesso da queste famiglie, e rappresenta il punto di partenza per attuare delle azioni concrete di lotta alla povertà.

“Può un Paese come l'Italia, fondatore dell'Europa e super potenza mondiale, accettare che aumenti sia in termini di qualità che di quantità il numero dei bambini e degli adolescenti poveri? Non potrebbe, non dovrebbe, eppure è accaduto. Un anno dopo l'altro la politica- tutta la politica, governo e Parlamento- ha registrato l'aggravarsi di un fenomeno pericoloso come la povertà minorile. Non solo non ha preso provvedimenti ma ha anche tagliato progressivamente il sistema di welfare sia a livello locale che centrale. Per la prima volta quest'anno- l'ultimo provvedimento di contrasto alla povertà assoluta fu assunto dal governo Prodi- il governo ha deciso di assumere misure di contrasto alla povertà dei minori. Una decisione attesa che si concretizzerà con la Finanziaria. - afferma l’On. Sandra Zampa, vice-Presidente, Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza - Come relatrice del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla povertà minorile svolta dalla Bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza ho accolto con soddisfazione la decisione del governo sapendo che è solo un inizio e che questa battaglia da condurre sia sul piano materiale che su quello educativo è molto lunga e complessa. Per questo esprimo vera gratitudine nei confronti di quanti, come l'Albero della vita e la Fondazione Zancan, lavorano perché la politica capisca e intervenga e non si danno mai per vinti. Tutti insieme potremo combattere una battaglia che non è solo di civiltà e giustizia ma di lungimiranza: abbandonare un bambino a un destino di povertà significa non investire sul futuro, non dare speranza alla società e non dare corso a quanto la Costituzione ci chiede di fare in modo imperativo". 

“Quando si studia un problema il primo passo è affrontarlo con chi lo vive, lo sperimenta, capisce cosa significa, si chiede come non subirlo e anzi come lottare per superarlo” sottolinea il direttore della Fondazione Emanuela Zancan, Tiziano Vecchiato - “Accettare che la povertà possa essere studiata e capita «con i poveri» significa anzitutto accettarli e rispettarli, cioè non trattarli da poveri. Significa riconoscere le loro capacità, valorizzare la loro esperienza, dialogare con la loro competenza. Non è per niente facile visto che richiede il  riconoscimento di un valore proprio e originale che i genitori hanno profondamente e che condividono con i loro figli”.

“La nostra esperienza con le famiglie in condizione di povertà e fragilità mostra come solo grazie a spazi di incontro basati su rispetto e impegno reciproco si possa coltivare una relazione di fiducia in una prospettiva pro-attiva – dichiara Ivano Abbruzzi, Presidente di Fondazione L’Albero della Vita onlus -  Non è un caso che le testimonianze positive raccolte riguardino incontri con operatori sociali pronti ad ascoltare e valorizzare le persone, per costruire insieme a loro una risposta adeguata. Questa ricerca dà delle indicazioni fondamentali per riuscire a migliorare le azioni di lotta contro la povertà, ma bisogna partire dall’ascolto delle persone che la combattono ogni giorno”

L’approccio della ricerca è il medesimo utilizzato da L’Albero della Vita nei suoi interventi sociali di  contrasto alla povertà infantile, in particolare con il progetto “Varcare La Soglia - Empowerment e partecipazione per contrastare la povertà”. Attivo a Milano e Palermo, il progetto mira a favorire il passaggio delle famiglie dalla loro condizione di bisogno ad una consapevole richiesta di aiuto, generando uno spazio relazionale che le aiuti ad esercitare un controllo attivo sulla propria vita, per acquisire infine la consapevolezza dei propri diritti e doveri verso la comunità. 

L’esperienza progettuale di Varcare la Soglia conferma che la povertà delle famiglie non può essere affrontata solo con un’attenzione alla mancanza di beni materiali, ma necessita di un approccio che tenga in considerazione la persona stessa e il suo contesto relazionale.

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