Il direttore della Fondazione Emanuela Zancan Tiziano Vecchiato ha preso parte alla tavola rotonda «Apriamo il cantiere delle politiche sociali» nel corso del convegno «Idee per il futuro - Per un sistema integrato dei servizi sociali», organizzato dal gruppo Pd alla Camera, commissione affari sociali, per il 15° anniversario della Legge n. 328/2000 (Roma, 10 novembre).
Il convegno è stato un’occasione importante per aprire un confronto sugli obiettivi raggiunti nel corso degli anni e, al contempo, ha alimentato un dibattito dedicato alla valutazione delle potenzialità dei servizi alla persona in un contesto sociale in continuo cambiamento. Hanno introdotto i lavori Donata Lenzi e Livia Turco, che ha ripercorso la faticosa approvazione della legge (in chiusura di legislatura) senza il tempo necessario per facilitare la sua attuazione.
«La Legge 328 rappresenta un traguardo importante nell’ambito dei servizi alla persona - ha dichiarato Vecchiato -. Non è stata attuata come si sarebbe dovuto anche perché una parte delle regioni non l’ha implementata, come avrebbe dovuto, con proprie norme. Gli anni perduti ci consegnano una prospettiva obbligata: passare a politiche di welfare generativo. Sono prefigurate dall’art. 118 della Costituzione (comma 4) e, per alcuni aspetti, dalla stessa Legge 328 all’articolo 1, comma 6 che impegna le istituzioni a valorizzazione le capacità e potenzialità di ogni persona».
Le trasformazioni sociali e il crescente aumento delle richieste di aiuto rendono urgente il superamento delle pratiche assistenzialistiche: «Occorre andare oltre le politiche tradizionali - ha aggiunto Vecchiato - e agire concretamente, investendo, non solo amministrando le risorse a disposizione. Valgono oltre 800 euro pro capite. Si potrebbero utilizzare a rendimento, con tutta l’arte professionale necessaria per moltiplicare i valori a disposizione, con soluzioni di welfare generativo. È possibile 'con le persone', valorizzando le capacità e le competenze di tutti, anche degli aiutati.
«Un grande ostacolo è l’analfabetismo di welfare - ha concluso -. Ragiona per prestazioni, per misure, per diritti senza bisogni, facendo corrispondere ad ogni problema una legge, un fondo, una procedura e perdendo di vista l’insieme. Servono nuovi incontri di responsabilità (pubbliche e private) nei territori, per passare da politiche tradizionali e degenerative, che consumano e non rigenerano le risorse, a politiche di investimento e sviluppo: umano, sociale ed economico».
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