1.
Il Presidente Sergio Mattarella ci ringrazia |
«Ringrazio molto lei e i suoi collaboratori per il rapporto sulla lotta alla povertà. "Cittadinanza Generativa" fa riflettere sulla necessità di rapporti solidali. Con tanta cordialità». Queste le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, inviate alla Fondazione Zancan. Una graditissima sorpresa per la Fondazione che aveva inviato al Capo dello Stato il Rapporto 2015 intitolato «Cittadinanza Generativa». Per noi è un grande onore ricevere un segnale di attenzione così importante nei confronti delle nostre proposte. Per dare ulteriore concretezza del nostro impegno, abbiamo inserito nel Rapporto una proposta di legge su «Welfare Generativo e azioni a corrispettivo sociale». Auspichiamo che possa avere ulteriori riscontri positivi dalle istituzioni e organizzazioni sociali interessate a innovare il nostro welfare. |
2.
Welfare generativo e azioni a corrispettivo sociale |
La proposta di legge sul welfare generativo nasce dall’esigenza di definire e regolare le azioni di rigenerazione e rendimento delle risorse messe a disposizione dal sistema di welfare, responsabilizzando i destinatari di interventi di sostegno economico o ad esso equivalente. Le persone destinatarie di aiuti di welfare possono realizzare azioni a corrispettivo sociale a vantaggio della collettività. Con l’espressione «corrispettivo sociale» si intendono tutte quelle attività finalizzate a rafforzare i legami sociali, a favorire le persone deboli e svantaggiate nella partecipazione alla vita sociale, a promuovere i patrimoni culturali e ambientali delle comunità e, più in generale, ad accrescere il capitale sociale nei territori. Si verrebbero a configurare le condizioni per superare il ruolo di assistito così che ogni persona, realizzando azioni solidali promosse da soggetti pubblici e privati secondo le modalità indicate dalla proposta di legge, possa contribuire al perseguimento del benessere della propria comunità e del proprio territorio. L’auspicio della proposta è di provocare «nei legislatori» un concreto interesse verso la definizione giuridica e la sperimentazione di soluzioni di welfare generativo, fondate non solo sulla raccolta e redistribuzione delle risorse, ma sulla loro valorizzazione, messa a rendimento e rigenerazione, con il concorso al risultato delle persone e delle comunità locali. L’articolato è commentato nel volume «Cittadinanza generativa. La lotta alla povertà. Rapporto 2015», edito dal Mulino, con contributi che ne approfondiscono le potenzialità e le prospettive di attuazione. La proposta di legge è liberamente scaricabile dal sito www.fondazionezancan.it |
3.
Spesa sociale improduttiva, dispersa in trasferimenti e non in servizi |
È stato presentato a Roma il 15 febbraio il rapporto 2015 sulla lotta alla povertà «Cittadinanza Generativa» della Fondazione Emanuela Zancan. «È giunto finalmente il momento di considerare la povertà come uno spreco, un enorme, inaccettabile spreco di energie, intelligenze, creatività - scrive nell'introduzione Cesare Dosi, presidente della Fondazione Zancan e professore di scienza delle finanze all’Università di Padova -. Ed è venuto quindi anche il momento di guardare alle misure di contrasto della povertà non come a un costo a fondo perduto, ma come un investimento. Un investimento comunitario il cui rendimento dipende anche dalla capacità di coinvolgere i beneficiari immediati degli interventi, dando quindi piena e coerente attuazione ai dettami della nostra Costituzione che pone accanto al principio della solidarietà sociale il dovere di ogni cittadino di concorrere al progresso materiale e spirituale della società». Fotogrammi di povertà. Il rapporto presenta, in pillole, i principali dati sulla perdurante condizione di povertà in Italia. A partire da quei 9 milioni di italiani «esclusi». Con la crisi sono aumentati di due milioni. Sempre la crisi è responsabile dell'aumento delle disuguaglianze: a livello globale, dal 2016 la ricchezza nelle mani dei paperoni - dice Oxfam - corrispondenti all'1% della popolazione, supererà quella del restante 99% del pianeta. La legge di stabilità ha preso atto che povertà economica e povertà educativa si alimentano reciprocamente pregiudicando il futuro di troppi bambini. C'è una grande disparità generazionale: la disoccupazione giovanile è al 40%, sono 2,5 milioni i neet: i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Tre milioni di famiglie in Italia, l'11,7% del totale, sono in difficoltà nel sostenere le spese dell'abitazione e si sono trovate, almeno una volta nel 2014, in arretrato con il pagamento del mutuo o dell'affitto o delle utenze. Resta alta - secondo l'Ocse - la quota dei disoccupati di lunga durata: la percentuale era salita al 60% nel quarto trimestre 2013 (dal 45% del quarto trimestre 2007). I working poor - poveri che lavorano - sono cresciuti del 50% dal 2008 al 2013. Secondo il Censis, 17 milioni di italiani sono a rischio di povertà o esclusione sociale. La spesa sociale. La Fondazione propone una riflessione annuale sulla spesa per assistenza sociale dei comuni italiani. La spesa totale per le prestazioni di protezione sociale in Italia non è diversa dai valori che si riscontrano nei paesi europei. Diverso è invece l’impiego delle risorse: nel 2012 il 60% della spesa in Italia era destinato ad anziani e «superstiti» (in gran parte pensioni, dirette o di reversibilità), contro il 46% in media nei paesi dell’Ue. Spendevamo invece il 4,2% del totale a sostegno di famiglia, maternità e infanzia contro quasi il doppio (7,8%) in media nell’Ue. Nel 2012 in Italia il 90% dei circa 50 miliardi di prestazioni assistenziali veniva erogato sotto forma di trasferimenti monetari. Nel 2007 erano 1,8 milioni le persone in povertà assoluta, nel 2014 sono salite a 4,1 milioni (+129% in sette anni). Il confronto con alcuni paesi sottolinea ancor più chiaramente la scarsa efficacia del nostro sistema di welfare: si è stimato che, intorno al 2010, in Italia appena il 9% di tutti i trasferimenti monetari pubblici era diretto al quinto più povero della popolazione, contro il 21,7% in media in tutti i paesi Ocse. La Fondazione Zancan stima che In Italia per ogni milione di euro speso in trasferimenti sociali (escludendo le pensioni) il numero di persone a rischio di povertà dopo i trasferimenti si riduce di 39 unità, mentre nell'Unione europea il dato medio è di 62 persone. Significa che la spesa italiana è in grande affanno nel compito di abbattere la povertà. Gli oltre ottomila enti locali affrontano l'impoverimento della popolazione senza orientamenti condivisi. La forbice va da 24,6 euro a 277,1 euro pro capite: in specifico da 6 a 77,3 euro per la spesa per persona in disagio economico; da 2,2 a 32,6 euro per il contrasto della povertà; da 4,3 a 24,1 euro per il disagio economico di bambini e famiglie; da 0,5 a 30 euro per il disagio economico delle persone anziane. Non ci si chiede come mai e perché chi dà di più non ottiene risultati positivi. Una proposta di legge per il welfare generativo. Malgrado le grandi contraddizioni, i segnali di generatività si stanno facendo strada con una strategia condivisa: responsabilizzare, rendere, rigenerare. Significa valorizzare ogni persona che riceve aiuto chiedendole di contribuire al bene comune. Non è facile e le resistenze sono notevoli nelle pubbliche amministrazioni da parte di chi non è disposto a superare le consuetudini burocratiche che ingessano e deteriorano le risorse a disposizione, mentre è urgente sperimentare pratiche di welfare capaci di investimento, rendimento, impatto sociale. Il welfare generativo che la proposta intende regolare si fonda sull'idea di collegare l'erogazione di una prestazione del sistema integrato, e tesa a garantire un diritto sociale, all'attivazione del soggetto destinatario della prestazione. Si aprono in questo modo nuovi scenari di welfare, per superare la recessione che vedrà inevitabilmente una riduzione della protezione sociale se al welfare assistenziale non subentreranno nuovi paradigmi di welfare, necessari per passare dalla logica del costo a quella dell’investimento. La proposta di legge mira inoltre a realizzare un sistema efficace di valutazione delle azioni a corrispettivo sociale, verificando il valore sociale prodotto, attraverso un rapporto annuale di monitoraggio. |
4.
Un povero a Milano può richiedere 65 forme di sostegno |
La speranza di sperare. «Mi rincresce che non mi rincresca». Andrea Tornelli, nel libro intervista a Papa Francesco, spiega cosi l'avvicinarsi alla misericordia. Non è ancora pentimento, domanda di perdono, è porta socchiusa perché qualcosa di nuovo succeda. Per chi lavora nei servizi alle persone la speranza di sperare è il primo passo. Sono passati 15 anni dalla riforma dei servizi sociali (la L. 328/2000). Sono passati 7 anni dalla L. 42/2009 sul federalismo fiscale. Avevano promesso capacità istituzionali per garantire un sistema di servizi basato su livelli di assistenza e accesso universalistico alle risposte di welfare. L'attesa della «riforma che vorremmo» sollecitata dal Forum del Terzo Settore, ha largamente superato i termini. «Non inseguiamo fantasmi» avverte il sottosegretario Luigi Bobba. Ma allora perché non lascarsi sfiorare dal dubbio che i cambiamenti di welfare si possono fare senza aspettarli? Lotta alla povertà. Non conviene confondere il diritto all'assistenza con il diritto all'esistenza. Entrambi chiedono sussidiarietà, capacità, solidarietà, responsabilità a tutte le persone, in particolare a quelle che non si accontentano dell'aiuto che non aiuta. In «The War on Poverty Turns 50. Are We Winning Yet?» Tanner e Hughes ammettono: stiamo lottando da cinquant'anni negli Usa contro la povertà ma non stiamo vincendo. Le prestazioni sociali troppo generose non incentivano gli aiutati a cercare lavoro e allargano la classe degli assistiti in Usa e in Europa (Policy Analysis 2014, n. 761). Le politiche di lotta alla povertà in 23 Paesi europei destinano dal 3 al 10% del Pil all'assistenza sociale. In sei di essi una famiglia con un solo genitore e due figli riceve più di 20 mila euro all'anno. La Danimarca è la più generosa: quasi 32 mila euro (Policy Analysis 2015, n. 779). L'Italia non è considerata da Tanner e Hughes (insieme con Grecia, Cipro, Malta e Lussemburgo) perché «molti benefici sono definiti a livello locale o regionale e non sono uniformi a livello nazionale». In pratica non siamo comparabili. Valorizzando le capacità. Un povero (analisi sul periodo 2008-2011) a Milano ha circa 65 possibilità di chiedere aiuto ai diversi livelli istituzionali, dal comunale al nazionale, potendo cumulare benefici, al netto degli aiuti privati. Il problema è ripreso dall'Inps, con la proposta «Sostegno inclusione attiva ultracinquantacinquenni» (dic. 2015). Andrebbe a sostituire 8 prestazioni assistenziali motivandola con una mezza verità: l'Italia sarebbe l'unico caso in Europa dove «mancano forme di sostegno al reddito di ultima istanza per le persone con scarse opportunità di reimpiego» La mezza bugia è: non abbiamo una, ma tante forme di aiuto per affrontare lo stesso problema. Non servono quindi risorse aggiuntive ma una bonifica dei trasferimenti, con risorse ad hoc per garantire dotazioni professionali necessarie per incontrare le persone, valorizzare le loro capacità, fare spazio alle responsabilità. Significa lotta alla povertà «con le persone» perché è possibile solo con loro (ll futuro nelle nostre mani, Il Mulino 2016). È ripartire dalla speranza di sperare. Fonte: Rubrica Welfarismi di Tiziano Vecchiato, Vita, febbraio 2016 |
5.
Valutare l'impatto sociale |
La sfida degli esiti non può essere evitata. La differenza tecnica tra esito e impatto è sostanziale: gli esiti sono beneficio diretto per i destinatari mentre l’impatto è beneficio esteso alla comunità. La valutazione di impatto sociale entra nel merito di quanto i servizi di welfare riescono a redistribuire bene comune. Tiziano Vecchiato nell’articolo «Valutare l’impatto sociale con metriche adeguate» (Studi Zancan 5/2015) approfondisce questi temi, andando oltre le soluzioni convenzionali, per migliorare il «bene comune». L’intero articolo è disponibile gratuitamente. Per approfondimenti sul tema visita il sito www.welfaregenerativo.it. |
6.
Quando il lavoro serve davvero |
Il Fondo Straordinario di solidarietà è giunto alla terza edizione grazie a Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (Cariparo), Caritas delle diocesi di Padova, Rovigo-Adria e Chioggia, Provincia di Padova, Camera di Commercio di Padova e Fondazione Antonveneta. Un’esperienza nata per fornire un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà a causa della perdita o della precarietà del lavoro e prive di ammortizzatori sociali. La valutazione 2015 del Fondo, a cura della Fondazione Zancan, è stata sintetizzata e resa pubblica in un inserto della Difesa del Popolo dello scorso 14 febbraio. |
7.
On line Studi Zancan 6/2015 |
Il welfare generativo richiede soluzioni che permettano lo sviluppo di pratiche generative e la loro concreta attuazione. L’intervento legislativo può facilitare la loro diffusione a livello nazionale, regionale e locale. Studi Zancan n. 6 del 2015 apre con ula proposta di legge della Fondazione che traduce e sintetizza i contenuti, le soluzioni e le potenzialità del welfare generativo. É un passaggio necessario per la costruzione di un nuovo sistema di welfare. Giulia Barbero Vignola, Devis Geron e Tiziano Vecchiato approfondiscono determinanti e conseguenze della povertà «al femminile». Evidenziano l’importanza di adeguate politiche di supporto alle donne in difficoltà, a partire dai servizi per la prima infanzia. Elena Innocenti e Francesca Ricci sintetizzano una ricerca condotta da Fnp Cisl Toscana e Fondazione Zancan sulle modalità di accesso delle famiglie e degli anziani non autosufficienti ai servizi territoriali, le criticità incontrate e i punti di forze. Sottolineano in particolare gli aspetti su cui è opportuno intervenire a livello istituzionale, organizzativo e clinico-professionale, per migliorare la capacità di risposta dei servizi territoriali della regione Toscana. La monografia è dedicata al tema della programmazione personalizzata e relativa valutazione. La fase iniziale del progetto di aiuto, approfondita da Elisabetta Neve, è conoscitiva e nello stesso tempo il «luogo» della costruzione di una relazione. È il primo incontro della persona con l’istituzione, che in gran parte determina o influenza le successive fasi della presa in carico. Daniele Salmaso identifica percorsi metodologici per definire obiettivi generali, intermedi e specifici. Ne indica le caratteristiche (pertinenza, logica, precisione, essere realizzabili, osservabili e misurabili) e riporta alcune esemplificazioni. Nella fase della programmazione personalizzata sottolinea la necessità di pianificare gli interventi in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi, una sinergia delle singole azioni, un metodo comune di lavoro, l’identificazione delle persone coinvolte, il rispetto di un timing definito. In un ulteriore articolo Salmaso analizza la valutazione multidimensionale, la diagnosi e la prognosi. La valutazione della persona consiste nella raccolta sistematica di dati necessari per formulare in un quadro di sintesi i problemi della persona (diagnosi). Quando la valutazione considera le dimensioni funzionale organica, cognitivo comportamentale, socio ambientale relazionale e valoriale-spirituale allora questa diviene multidimensionale. Questo tipo di assessment risponde in modo ottimale all’analisi di problemi complessi che riguardano la persona ma anche il contesto in cui essa vive. La prognosi trae origine dalla diagnosi ed è previsione dell’evoluzione clinica di una persona. La definizione della prognosi permette la successiva identificazione dei risultati attesi. Cinzia Canali si concentra sulla valutazione di esito riportando l’esperienza del laboratorio multicentrico PersonaLAB che dispone di casistiche in ambito di disabilità complessa, anziani non autosufficienti che vivono a domicilio o in residenza, bambini a rischio di allontanamento, ragazzi con problemi di dipendenza, adulti fragili. La metodologia per la progettazione personalizzata e la valutazione di esito richiede uno sforzo per prefigurare l’impatto delle decisioni, collegando esiti e azioni, risultati attesi e decisioni operative da assumere, rapporto tra costi e benefici e valutazione di generatività che si può ottenere dal maggiore coinvolgimento delle persone utenti. Non è una sfida da poco soprattutto se si considera che questa metodologia non propone l’acquisizione di competenze «nuove» ma richiede un processo di razionalizzazione e pianificazione del proprio lavoro da sottoporre a continue verifiche e ri-progettazioni, in concorso con la persona utente e con la sua famiglia. Nella sezione ricerche ed esperienze, Valeria Fabbri, Almerinda Cirillo e Claudia Sacco presentano i risultati di una ricerca condotta sul campo, relativa all’individuazione dei fattori sociali prognostici per valutare e definire percorsi di dimissioni sicure di pazienti ricoverati in presidi di cure intermedie. Le dimissioni ospedaliere, nelle situazioni di rischio sociosanitario, non devono essere considerate un’interruzione delle cure, ma un percorso programmato, orientato e concordato, nonché l’inizio di una fase di recupero/mantenimento in un contesto adeguato alle necessità del paziente. |
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