Interventi a favore degli anziani: la valutazione degli outcome in geriatria

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creato: 25 gennaio 2006

Cresce di anno in anno, in Italia, il numero degli anziani (sopra i 65 anni). Cresce la speranza di vita, e cresce anche il numero di persone che negli ultimi anni della loro esistenza devono convivere con depressione, Alzheimer, ictus, patologie terminali o comportamenti implicitamente o esplicitamente autodistruttivi. Nel 2001 le regioni italiane hanno destinato per gli interventi a favore degli anziani complessivamente la somma di 861 milioni di euro, pari a 15,11 euro per ogni abitante. Sono soldi ben spesi? Gli interventi a favore degli anziani sono effettivamente utili per loro? I problemi per i quali si lavora sono ridotti o superati? Quale relazione esiste tra spesa e bisogno, tra benefici raggiunti e risultati attesi?
Su questi temi si è svolto oggi MERCOLEDI' 25 GENNAIO 2006, a PADOVA, il convegno di studio "La valutazione degli outcome in geriatria", organizzato dalla Fondazione "E. Zancan" onlus, in collaborazione con la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria.

La valutazione del bisogno della persona anziana è complessa, poichè i fattori osservabili sono compositi, sono molteplici i traumi fisiologici dell'invecchiamento. Chi si prende cura della persona anziana deve prestare attenzione a diversi fattori, spesso intersecati tra loro. Per fare un esempio, molte volte depressione e disturbi d'ansia coesistono in un quadro clinico caratterizzato da deterioramento delle funzioni cognitive. Nei casi di depressione, in particolare, numerose ricerche indicano come due terzi delle sindromi depressive non vengono diagnosticate, rendendo di fatto impraticabili interventi di assistenza primaria che potrebbero rivelarsi efficaci. Le probabilità di ricaduta o di cronicizzazione sono stimate nell'ordine del 50 per cento dopo il primo episodio, del 70 per cento dopo il secondo e del 90 per cento dopo il terzo.

C'è molto da fare, ad oggi, perchè alla crescita della speranza di vita corrisponda una "buona vita" dell'anziano e non un "lasciarsi morire". Gli operatori si ritrovano a operare su più fronti: per la riduzione del rischio di comportamenti autodistruttivi, per la riduzione dei ricoveri impropri e ripetuti, per la riduzione del consumo di farmaci, per attivare profili di assistenza integrati tra servizi (salute mentale, geriatria, medici di medicina generale, servizi sociali), e soprattutto per attivare percorsi assistenziali che siano realmente efficaci.
«Attualmente nell'ambito degli interventi per gli anziani - spiega TIZIANO VECCHIATO, direttore della Fondazione Zancan - c'è un forte impegno diagnostico, cioè di valutazione del bisogno, ma in molti casi trattati non si conosce poi l'indice di efficacia degli interventi. Non basta una buona diagnosi per avere risposte ai problemi della persona anziana e della sua famiglia. Valutare il bisogno è solo il primo passo. Molti servizi attuali non sono sempre capaci di continuità e di globalità , e per questo sono meno efficaci di quello che potrebbero essere».

IL QUADRO DEGLI ANZIANI IN VENETO

In Veneto l'indice di vecchiaia è superiore alla media nazionale: dato 100 il valore dell'Italia, nella nostra Regione l'incidenza è pari a 102,9. Al di sotto della media nazionale è il numero dei maschi anziani, mentre maggiore è la speranza di vita per le donne anziane: si attesta su un valore di 102,7, dato 100 la media nazionale.
In Veneto si registra inoltre un'alta presenza di anziani soli: l'incidenza di persone sole con 65 anni e più (per cento persone sole della stessa regione) è pari a 57,9, mentre il valore dell'Italia è di 56,1. Al di sopra della media nazionale è anche il valore delle donne anziane vedove sul totale delle donne anziane: mentre in Italia il valore è di 48,9, in Veneto è di 51,9. Per quanto riguarda l'offerta nell'assistenza agli anziani in Veneto, si registra un numero consistente di servizi. Il dato relativo ai soggetti trattati in assistenza domiciliare integrata è pari a una volta e mezza rispetto al dato medio nazionale, ma è molto diversificato da Ulss a Ulss; è positiva anche l'offerta di posti in strutture semiresidenziali, che supera di poco la media nazionale.
Negativo è il dato relativo all'offerta residenziale per gli anziani: i posti nelle strutture residenziali sono due volte e mezza oltre la media nazionale. I servizi residenziali dunque assorbono risorse che in quota parte potrebbero essere meglio destinate all'assistenza domiciliare. (Dati Fondazione Zancan)

METODOLOGIA DELLO SCHEMA POLARE: una proposta della Fondazione Zancan in sperimentazione in dieci regioni

Di fronte al numero sempre maggiore di anziani, di fronte a una complessità sempre maggiore dei bisogni dell'anziano e al difficile rapporto tra bisogni e spesa sanitaria e sociale, diventa imprescindibile saper valutare correttamente se gli interventi attivati a favore di queste persone sono efficaci, se comportano benefici per loro e anche per le persone che vivono con loro. Per valutare l'efficacia degli interventi agli anziani, la Fondazione Zancan ha predisposto una nuova metodologia di lavoro denominata «schema polare». Lo «schema polare», ideato dalla Fondazione Zancan, si è sviluppato grazie a un gruppo di studiosi italiani e stranieri; in Italia è oggi sperimentato in diverse regioni: Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Puglia, Trentino, e presto la sperimentazione dello «schema polare» partirà anche in Sardegna.
Lo «schema polare» collega, attraverso diversi metodi di misurazione, il momento della diagnosi al momento del progetto personalizzato e alla fase di valutazione di efficacia. Mette cioè in grado gli operatori di considerare congiuntamente la condizione funzionale organica (i danni fisici), cognitiva-comportamentale (la persona non capisce alcune cose, si perde, ha difficoltà nel comportamento) e socio-ambientale (la persona in relazione al suo ambiente). Il fatto di avere una visione così globale dà agli operatori più spunti per improntare un progetto personalizzato: non solo farmacologico, non solo riabilitativo, ma che metta insieme diverse risorse, sanitarie e sociali, utili a produrre risultati positivi per le persone e i familiari. La metodologia dello «schema polare», sperimentata con persone affette da depressione, si è dimostrata più efficace di altre metodologie tradizionali. Suoi punti di forza sono da un lato la continuità della presa in carico, dall'ospedale al medico di medicina generale, e nel corso degli anni; dall'altro la globalità della presa in carico, che significa vedere il problema nelle sue varie dimensioni per poterlo affrontare meglio.
Lo «schema polare» è già oggetto di pubblicazione su riviste scientifiche internazionali, e nei prossimi mesi sarà presentato a Stoccolma, a Gerusalemme, a New York. E' inoltre previsto che sarà sviluppato un protocollo con l'Istituto Superiore di Sanità italiano basato su questa metodologia.

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