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Carità e Giustizia: l’impegno e la testimonianza di don Giovanni Nervo |
La Fondazione Emanuela Zancan, in collaborazione con il Comune, la Diocesi, l'Università di Padova e la Caritas Italiana, ha reso omaggio a monsignor Nervo, scomparso lo scorso marzo, con la giornata di studio e approfondimento «Carità e Giustizia: l'impegno e la testimonianza di don Giovanni Nervo» (13 maggio, Padova). Molti gli interventi che si sono succeduti nel corso della mattinata. Oltre 250 le persone iscritte. Monsignor Giuseppe Benvegnù-Pasini, presidente della Fondazione Zancan, ha introdotto la giornata dando risalto al contributo di don Giovanni alla crescita culturale della società: «Si rivelava non solo maestro nel dialogo, ma anche produttore di cultura sociale e politica, attivamente impegnato nella realizzazione della città dell'uomo». Ha quindi ricordato che «egli sentì il dovere di diffondere nella Chiesa la cultura della responsabilità dei cristiani verso la società civile». L'impegno e l'attenzione verso le persone povere hanno contraddistinto la sua vita: «Diceva che era difficile capire i poveri e aiutarli in maniera efficace partendo da una posizione di sicurezza e benessere. Bisognava scendere, nei limiti del possibile, a loro livello. Tra i deboli che don Giovanni sentì il bisogno di difendere con forza ci furono anche gli immigrati». Il vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, ha colto l'occasione per lanciare la proposta di una biografia di don Giovanni scritta a più voci da chi lo ha conosciuto: «Abbiamo bisogno di testimoni credibili da proporre alle nuove generazioni, in risposta all'emergenza educativa e alla frammentazione dolorosa nella vita della nostra nazione». Idea subito condivisa dall'assessore alla Sanità del Comune Fabio Verlato, cui piacerebbe che il testo fosse distribuito nelle scuole. Per il direttore della Caritas italiana, monsignor Francesco Soddu, «tutto in Caritas parla di don Giovanni, a partire dai suoi modi di dire che sono autentici programmi pastorali. Ha saputo rendere vero e vitale ciò che è scritto nel Vangelo. Il mio compito come suo successore è di accogliere e tenere sempre vivo quanto ha fatto». E il rettore Giuseppe Zaccaria ha aggiunto che «per don Giovanni la solidarietà oltre a un valore etico e sociale era anche un valore giuridicamente fondato», ricordando che «si schierò perché l'obiezione di coscienza fosse riconosciuta come diritto fondamentale dell'uomo» e che «si prodigò affinché le strutture Caritas fossero palestre di educazione civica». La giornata è proseguita con quattro sessioni, ognuna dedicata a un tema cardine nella vita di don Giovanni e ognuna preceduta da alcune letture di suoi brani. Il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato, avviando i lavori ha ricordato che secondo don Giovanni per capire i cambiamenti sociali in atto bisogna individuare le «gemme terminali» che stanno nascendo. 1. Giustizia e pace. Emanuele Rossi, docente di Diritto costituzionale alla Scuola Sant'Anna di Pisa, ha posto l'accento sul fatto che «per don Giovanni il Vangelo e la Costituzione erano i capisaldi sui cui costruire un rapporto umano profondo con tutte le persone» e sull'importanza del concetto di solidarietà per conseguire il bene comune. Vivere la Costituzione come fondamento di giustizia è una delle lezioni che don Giovanni ci ha lasciato: «La Costituzione è un programma da realizzare, una 'rivoluzione promessa', che spetta a tutti mantenere e realizzare». Diego Cipriani di Caritas Italiana ha ricordato le tappe dell'apertura e delle motivazioni della Caritas all'obiezione di coscienza e al servizio civile: «L'interesse di don Giovanni per l'obiezione di coscienza si inseriva nel quadro della cultura di pace e della non violenza. L'obiezione di coscienza ha alla base i diritti umani. Don Giovanni è stato importante per la cura della formazione dei giovani e nella realizzazione dei progetti di servizio civile, che evitassero qualsiasi forma di sfruttamento di manodopera a basso costo». 2. Solidarietà e volontariato. Franco Piacentini, presidente di Auser Veneto, ha proposto alcune considerazioni sul rapporto tra istituzioni e terzo settore secondo monsignor Nervo: «Da sola la solidarietà non può e non potrà ridare dignità alla persona in difficoltà, quindi il ruolo dello stato rimane centrale per garantire i diritti di cittadinanza». Nel mettere in luce i limiti dell'attuale modello di welfare ha invitato a «sviluppare un'ampia riflessione» sul concetto di welfare generativo proposto dalla Fondazione Zancan. Felice Scalvini, vicepresidente della International Co-operative alliance, ha riepilogato la storia dell'impresa sociale, facendo presente l'attenzione di don Giovanni a questo processo. «Ne ha subito capito le potenzialità, ci ha dato un metodo e ha accompagnato la nascita di tutto il terzo settore, fungendo quasi come 'garante etico' del percorso». 3. Lotta alle disuguaglianze. Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish-Federazione italiana per il superamento dell'handicap, ha ripercorso l'impegno di don Giovanni per l'esigibilità dei diritti delle persone più fragili, «suggerito dal suo amore per la Costituzione italiana, di cui amava specialmente la prima parte, con la proclamazione dei principi e diritti fondamentali della persona». Paolo De Stefani, docente di diritto internazionale all'Università di Padova, ha posto l'accento sulla «curiosità verso tutto quanto di inedito e originale emergesse nella società. Un desiderio di conoscere, approfondire, studiare nei dettagli i fatti dell'uomo e delle comunità». L'attenzione di don Giovanni verso le gemme terminali lo ha portato a occuparsi di immigrazione fin dagli albori del fenomeno in Italia: «Giustizia, accoglienza, umanità nella concretezza sono i suggerimenti che ci ha consegnato per governare in modo civile e rispettoso dei diritti umani l'immigrazione nel nostro paese». 4. Servizi alla persona. Milena Diomede Canevini, esperta di storia ed etica del servizio sociale, ha ripercorso il lavoro di monsignor Nervo 'nel' e 'per' il servizio sociale, a sostegno della sua valorizzazione come professione e disciplina: «Ha ispirato e sostenuto gli 'orizzonti di significato' su cui fondare le scelte etiche del servizio sociale: la centralità della persona, i diritti individuali, il rispetto e la valorizzazione delle differenze, i doveri e le responsabilità individuali e collettive. È stato punto di riferimento per generazioni di assistenti sociali». Livio Frattin, esperto di organizzazione e programmazione dei servizi sociali e sociosanitari, ha ribadito che «stare dalla parte dei più deboli, degli ultimi, dei senza voce ha costituito il tratto forse più significativo della personalità di monsignor Nervo, che su questo ha orientato tutta la sua azione formativa nell'organizzazione dei servizi sociali«, intesi come «strumenti in funzione delle necessità assistenziali della persona che quindi è e rimane il fulcro e la ragion d'essere dei servizi stessi». La giornata è proseguita nel pomeriggio con molte altre testimonianze. |
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Persona e welfare generativo: il punto in due seminari tra esperti a Milano e a Padova |
Continua l’impegno della Fondazione Emanuela Zancan nella promozione di nuove soluzioni di welfare per la tutela dei più deboli. La proposta, contenuta nel volume «Vincere la povertà con un welfare generativo» (il Mulino, 2012), è stata discussa e approfondita nel corso di un seminario ad invito con un gruppo di esperti, presso l’Università Cattolica di Milano (24 aprile). Tra i partecipanti Mauro Magatti, Giuseppe Scaratti, Giancarlo Rovati, Rosangela Lodigiani, Franco Brambilla e Gerolamo Spreafico dell’Università Cattolica di Milano, Giovanni Sarpellon dell’Università di Venezia, Costanzo Ranci del Politecnico di Milano. Gianbattista Martinelli della Fondazione Don Gnocchi. Il welfare generativo prevede un superamento della logica tradizionale di tipo assistenzialistico, con un coinvolgimento realmente attivo della persona in condizione di bisogno. La logica è: non posso aiutarti senza di te. L’idea nasce da una domanda: ci siamo chiesti cosa succederebbe se una parte dei trasferimenti economici fossero gestiti responsabilizzando, rigenerando le risorse, facendole rendere senza consumarle. Le potenzialità di questo approccio sono riconoscibili chiedendosi ad esempio: se la cassa integrazione alimentasse lavoro gestito a fini sociali, senza mantenere le persone in condizione passiva, si avrebbe un lavoro temporaneo gestito e già remunerato, che garantirebbe socialità, uscita dalla solitudine, dignità, apprendimento, sviluppo di nuove capacità, rendimento economico, utilizzo dei proventi per fini di solidarietà, incremento del capitale sociale di tutti. È questa la sfida, che significa guardare al welfare non come costo ma come investimento. I dati contenuti nel volume riferiscono che tra il 2008 e il 2009 la spesa assistenziale dei comuni è aumentata del 4,7%, quella per la povertà del 7,4% e quella per il disagio economico del 13,3%. In cinque anni (2005-2009) la spesa sociale, senza contare l'inflazione, è passata da 5.741 milioni di euro a 6.979 milioni di euro (+22%). Più marcato l'incremento della spesa per il disagio economico (+42%) e quella per la povertà (+37%). Ma a fronte di queste risorse i risultati restano scarsi, perché in Italia si continua a preferire i trasferimenti economici invece che l’attivazione di servizi in grado di accompagnare le persone verso l’uscita dalla condizione di bisogno. In Europa i paesi che fanno diversamente riescono ad abbattere un terzo delle disuguaglianze, riducono dell’80% il rischio di povertà assoluta e del 40% il rischio di povertà relativa. A Padova l’incontro di studio era inserito nell’ambito del Festival della Cittadinanza con l’obiettivo di mettere al centro la dignità sociale della persona, condividendo esperienze di collaborazione tra istituzioni e terzo settore. Sono intervenuti: Matteo Segafredo (Consigliere di Amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo), Don Luca Facco (Direttore Caritas Diocesi di Padova), Claudio Sinigaglia (Vice presidente V Commissione regionale sociale-sanità) e Tiziano Vecchiato (Direttore Fondazione Zancan). |
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Diritto di asilo? Investire nella prima infanzia in Italia |
In Italia, l’investimento pubblico nei servizi per la prima infanzia (bambini in età 0-2) è molto più basso rispetto agli altri paesi europei. Solo il 12 percento dei bambini in età 0-2 anni ha un posto al nido, rispetto ad una media OECD intorno al 30 percento e rispetto al target di Lisbona definito dall’Unione Europea del 33 percento. Tra i bambini che non frequentano il nido, un terzo è accudito dai nonni, mentre il servizio privato ha visto una diffusione più ampia solo negli ultimi anni anche se risulta poco conveniente per tante famiglie, a causa dei costi più elevati. Il nido può rispondere sia a un’esigenza di conciliare lavoro e famiglia sia allo sviluppo cognitivo dei bambini. In Italia, solo il 54 percento delle madri lavorano, contro valori vicini al 70 percento in Regno Unito, Francia e Germania. Per quanto riguarda i risultati scolastici, gli studenti italiani hanno ottenuto, in media, il quarto peggior punteggio rispetto agli studenti degli altri paesi nelle rilevazioni OCSE-PISA 2006. Inoltre, l’Italia è al penultimo posto per il livello di disuguaglianza nei risultati scolastici. Nelle nostre ricerche abbiamo valutato l’impatto di varie forme di child care sia sulla partecipazione delle madri al mercato del lavoro che sui risultati scolastici e cognitivi dei bambini. Nel seminario tenutosi a Torino, lo scorso 23 aprile, si sono presentati i risultati di alcune ricerche e si sono confrontate varie istituzioni che hanno un ruolo importante per la progettazione delle politiche per la prima infanzia. Sono intervenuti: Roberto Marchionatti (Presidente Collegio Carlo Alberto e Direttore CLEST) e Sergio Chiamparino (Presidente Compagnia di San Paolo) per i saluti iniziali. Daniela Del Boca con la relazione «Il ruolo dei nidi in Italia: supporto alla conciliazione o strumento educativo?», Silvia Pasqua, che ha parlato degli effetti del nido quando i bambini crescono e Chiara Pronzato, sul tema «Costi, criteri d’accesso e tariffe dei nidi in Italia». Si sono inoltre succeduti interventi di: Comune di Torino, Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, Fondazione Agnelli, Fondazione Zancan, Gruppo Cooperativo CGM, Reggio Children, Save the Children. Piero Gastaldo (Segretario Generale Compagnia di San Paolo) ha concluso la giornata di studio. |
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Amministratore di sostegno. Realtà e prospettive |
Le attività progettuali, promosse e realizzate per la diffusione e il consolidamento dell’amministrazione di sostegno nel territorio regionale, hanno contribuito a garantire la protezione giuridica delle persone fragili, riconoscendo il loro diritto ad essere sostenute e rappresentate con la minore limitazione possibile della loro capacità di agire. L’istituto dell’amministratore di sostegno, dal 2004 ad oggi, si è affermato, a livello nazionale e locale, quale misura appropriata ed efficace di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia rappresentando una concreta alternativa all’interdizione e all’inabilitazione. Le attività di sensibilizzazione, informazione e formazione hanno contribuito ad accrescere la consapevolezza sulla dignità e diritti delle persone fragili e a sviluppare specifiche competenze della società e dei soggetti del volontariato e del terzo settore nell’assumere impegni e responsabilità in tema di protezione giuridica, coniugando solidarietà e sussidiarietà in interazione con i beneficiari, le famiglie e le istituzioni locali (tribunali, comuni, A. Ulss, servizi sociali e sanitari). Il convegno «Amministratore di sostegno. Realtà e prospettive» (Piazzola sul Brenta, 10 maggio) è stata l’occasione per attuare un confronto con vari livelli istituzionali per rafforzare le attività svolte dalla rete e continuare il dialogo e l’approfondimento delle tematiche concernenti l’amministratore di sostegno oltre a rilanciare, in modo partecipato e coordinato tra tutti i soggetti coinvolti, l’idea che fare sistema è auspicabile e positivo per rispondere in modo efficace, appropriato e personalizzato ai bisogni e aspettative dei soggetti fragili. Tra i temi affrontati: Il progetto di sostegno: le misure di protezione attiva a favore del beneficiario, Sergio Trentanovi (Presidente del Tribunale di Belluno) Legge 6/04: confronto internazionale e normative regionali, Renato Pescara (Professore di Diritto Comparato, Università di Padova) Diritti umani e misure di protezione, Franco Schiavon (Professore di Scienze della Formazione, Università di Padova). Tutela dell’autonomia della persona malata e amministrazione di sostegno, Paolo Benciolini (Professore di Medicina Legale, Università di Padova). L’amministratore di sostegno: agente di welfare generativo nel sistema integrato dei servizi, Tiziano Vecchiato (Direttore della Fondazione Zancan onlus). Promotori del convegno sono stati: l’Associazione Amministrazione di Sostegno e le associazioni aderenti alla rete PAS (Promozione, Assistenza Sostegno legge n. 6/2004). |
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L’accesso ai servizi per l’infanzia |
È on-line «Idee condivise» 1/2013. Raccoglie i contributi presentati al seminario sul tema «L’accesso ai servizi per l’infanzia» (Torino, gennaio 2013). Tutti gli esperti, le istituzioni che collaborano con la Compagnia di San Paolo, si chiedono cosa significa accesso ai servizi della prima infanzia, con non poche domande: chi accede, perché alcuni bambini e non altri, quali barriere penalizzano i più poveri, come si potrebbero ridurre o abbattere? Chi decide i criteri di accesso e a che titolo? Sono livelli di assistenza o soltanto forme di regolazione della contribuzione ai costi? Perché il problema dell’accesso non viene affrontato con maggiore determinazione viste le grandi disuguaglianze che lo caratterizzano? Cosa può fare la differenza: l’integrazione dell’offerta pubblica con quella privata, una minore regolamentazione, una più sistematica valutazione dei costi sociali che le attuali disfunzioni producono, penalizzando i bambini più piccoli? Sono domande tecniche e anche politiche ed etiche. Non considerarle significa tenerle lontano dalla responsabilità e dalla coscienza di chi invece dovrebbe affrontarle. «Idee condivise» 1/2013 si affianca alla serie «Investire nell’infanzia è coltivare la vita» e alla serie «Selected Papers». Insieme compongono la biblioteca del Tfiey e mettono a disposizione strumenti per facilitare il dialogo tra addetti ai lavori, professionisti e decisori, ricercatori, tutti in dialogo per valutare l’impatto delle soluzioni e prefigurarne di nuove e soprattutto più efficaci. Il principale ostacolo è rimanere prigionieri del già visto e del già dato o, peggio, di affidarsi alle seduzioni dell’accoglienza a basso costo e quindi anche a bassa protezione dei bambini. Se tutti i bambini hanno valore, devono poterlo avere anche le cure a loro dedicate. Oltre a «Idee Condivise 1/2013 – L’accesso ai servizi per l’infanzia» sono scaricabili dai siti della Fondazione Zancan e della Compagnia di San Paolo il Quaderno Tfiey 1/2013 «Bambini poveri: chi sono, cosa chiedono, cosa ricevono» e «Selected papers» 1/2013. |
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On line il secondo numero della rivista Studi Zancan |
Il secondo numero della rivista Studi Zancan è disponibile on line. I primi due articoli si focalizzano sul welfare generativo. La crisi, con le sue pesanti ricadute sociali, chiede un salto di qualità nella lotta alla povertà, in un sistema di welfare capace di rigenerare le proprie risorse, sia economiche che di personale. Un welfare generativo è capace di responsabilizzare e responsabilizzarsi, sulla base di un diverso incontro tra diritti e doveri. È necessario riconsiderare il rapporto tra azioni ed esiti, passando dalla logica del costo a quella dell’investimento, privilegiando l’efficacia. Il terzo articolo approfondisce l’esperienza di un gruppo di operatori nell’ambito della ricerca «Valori e spiritualità nel lavoro sociosanitario di cura». Evidenzia come l’approccio metodologico seguito abbia dato maggiori informazioni e un maggiore coinvolgimento della persona assistita e della sua famiglia. I piani di cura sperimentati hanno consentito di definire una presa in carico basata su una visione complessiva della persona, portatrice di problemi di tipo clinico ma anche di capacità correlate ai valori. Cristina Braida risponde a una domanda: «Quale apporto può offrire il servizio sociale professionale nella presa in carico di un caso considerato paradigmatico di complessità in riabilitazione?». Comprendere la complessità di ciascuna persona, attraverso un processo di valutazione della domanda, consente di restituire e integrare le «attività di cura» con le componenti relazionali, affettive e socio-ambientali che contribuiscono al buon esito degli interventi riabilitativi. La valutazione della domanda da parte del servizio sociale professionale è condizione di una autentica integrazione sociosanitaria e rappresenta un livello essenziale di assistenza per garantire risposte appropriate e per compiere scelte in piena consapevolezza e responsabilità. Cinzia Canali, Giuseppe Greco e Tiziano Vecchiato riassumono i risultati dello studio «Nuove soluzioni per la presa in carico dei bisogni e la valutazione dell’efficacia dell’assistenza sociosanitaria, con particolare attenzione all’apporto integrato dei medici di medicina generale, degli assistenti sociali e delle altre professioni sanitarie e sociali». La sezione monografica affronta il tema della verifica e della valutazione prendendo come riferimento l’attività di due fondazioni bancarie. Il primo contributo, a firma di Aimi e Bezze, descrive il percorso di Fondazione Cariparma per verificare i progetti finanziati a soggetti del territorio in attività di grating. Il percorso considera la fase della richiesta di finanziamento, cioè ex ante del progetto, ponendo le basi per uno sviluppo sequenziale della valutazione intermedia e successiva. Il secondo contributo valuta un’attività sociale in gestione diretta della Fondazione Cariparo. Riguarda il Fondo straordinario di solidarietà. Racconta la genesi dell’iniziativa e il suo impatto, evidenzia il ruolo della valutazione nel riformularne le strategie di intervento. Infine, nella sezione esperienze, si ragiona su come un’integrazione sociosanitaria basata sulle evidenze, possa favorire nuovo impulso al governo partecipato e integrato dell’assistenza territoriale, mettendo in grado il distretto di sviluppare processi di valutazione finalizzati ad una maggiore efficacia, efficienza ed economicità. |
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Strumenti di lavoro: 1 libro 1 euro |
La famiglia va sostenuta nei compiti di cura dei figli e dei familiari anziani o ammalati, nell'integrazione sociale, ma va anche valorizzata. Non deve essere dimenticato, infatti, che storicamente le famiglie si sono sempre rese disponibili per interventi di accompagnamento quotidiano e di sostegno ad altre famiglie in situazioni di difficoltà. Si tratta di gesti ed eventi di solidarietà concreta, limitati nel tempo, che spesso non sono conosciuti in quanto avvengono prevalentemente nel sommerso delle reti familiari. Per riflettere su questa prospettiva, per capire cosa significa «prossimità familiare» e per metterne a fuoco gli aspetti strategici, la Fondazione Zancan di Padova e il Centro Internazionale Studi Famiglia (Cisf) di Milano hanno promosso un seminario di studio e ricerca i cui risultati sono presentati nel volume proposto questo mese come strumento di lavoro ad un euro «Progetti di prossimità tra famiglie». Il volume può essere ritirato di persona (presentando la scheda scaricabile dal sito www.fondazionezancan.it) presso la nostra sede in Via Vescovado, 66 - Padova, dal lunedì al venerdì (8.30-13.00 e 14.00-17.00). Si può ricevere direttamente a casa, con spese a carico, a seguito di richiesta via fax (049663013) o tramite email (segreteria@fondazionezancan.it) compilando sempre la scheda. La richiesta va effettuata entro il 30 giugno 2013. |
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